martedì, Aprile 23, 2024
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È la Cina il paradiso di chi esporta robot, ma la prima invenzione si deve a Leonardo Da Vinci.

Quello della robotica è un mondo dominato dall’Asia e la Cina, da sola, ha rifornito il mercato per 138mila unità, mettendo in fila Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Germania.
Si pensi che il secondo Paese produttore, il Giappone, si è fermato a quota 46mila, e che la crescita della Cina era stata pari al 63% rispetto all’anno precedente. La Repubblica Popolare, del resto, è anche un grande utilizzatore. Le spedizioni di robot industriali stanno crescendo nella maggior parte dei paesi, ma la crescita della Cina è eccezionale.
In particolare la robotica è uno dei settori chiave del piano governativo “Made in China 2025”, e di conseguenza, gli incentivi statali per l’uso di robot in quel Paese – per produttori nazionali e internazionali – stanno aumentando. Pertanto, si è verificato il livello più alto di un volume di vendite annuo mai registrato per un singolo paese: sono aumentate nel 2017 del 59% su base annuale, a quota 138mila unità. Più di un terzo di tutte le istallazioni sono state fatte in Cina. In questo Paese è stato peraltro realizzato il livello più alto di stock operativo mai registrato per singolo Paese: Circa 473mila robot industriali, due anni fa, con una crescita del 39%.

La robotica in Italia
Secondo Domenico Appendino, presidente di Siri, l’associazione italiana di robotica e automazione, nonché ed executive vice president di Prima Industrie “in Italia ci sono tra i migliori specialisti del mondo, sia a livello industriale che accademico”. La robotica deve più di qualcosa al Belpaese, del resto. Non tanto perché il primo automa antropomorfo è stato immaginato nel 1495 da Leonardo Da Vinci, quanto perché l’Italia ha contribuito «all’avvio del settore del settore e della robotica con importanti innovazioni. Si pensi al robot di misura, nato in Dea nel 1965, solo quattro anni dopo Unimate; o al robot di assemblaggio nato in Olivetti nel 1975, o a quello laser “Zac” sviluppato da Prima Progetti nel 1979».
Nel 2017 in Italia si sono vendute 7.713 unità. Un record per il Belpaese. Ed un ottimo risultato in termini di crescita percentuale: + 19% rispetto all’anno precedente; più del doppio della Germania (7%) e più del triplo degli Usa (6%). Il comparto nazionale sembra aver imboccato la strada giusta già nel 2012: da allora, la crescita media è stata del 12%. Ora l’Italia ricopre l’ottava posizione mondiale tra i produttori, e la seconda in Europa dopo la Germania. Curiosamente, da noi i settori di destinazione non seguono la classifica globale che vede l’auto al primo posto: la principale destinazione è l’industria del metallo, che vale quasi un terzo del totale, il doppio della chimica e della plastica e il triplo dell’automotive. “È che l’automotive sta lasciando il Paese”,  commenta Appendino. Per il 2018 non ci sono ancora dati certi, ma proiezioni di PubliTec-Deformazione, rivista e organo ufficiale di Siri, sulle vendite fanno pensare ad un aumento del 13,9%, e ad una crescita sia degli antropomorfi che degli scara. Si sarebbe raggiunta quota 7.895. Le prospettive sono particolarmente rosee per i robot che tagliano con il laser i componenti dell’automotive. Il comparto delle lavorazioni laser nel 2013 valeva poco meno di 4 miliardi di euro, ma si prevede che nel 2020 varrà più di sei miliardi.
Il Presidente Appendino mette insieme recenti studi dell’università di Utrecht, del Centre for Economics and Business Research e della London School of Economics, per affermare che “l’automazione ha un netto effetto positivo nella domanda di lavoro: riduce i costi di produzione; quelli dei prodotti e quindi i prezzi dei prodotti; aumenta perciò la domanda dei prodotti e quindi l’occupazione. Inoltre i robot consentono alle aziende di diventare o rimanere competitive. Gli investimenti in queste attrezzature hanno contribuito al 10% della crescita del Pil pro capite nei Paesi Ocse dal 1993 al 2016”.
 

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