venerdì, Aprile 19, 2024
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I market places uccideranno gli esercizi commerciali?

Ma alla fine che cosa cerchiamo oggi quando acquistiamo un bene o un servizio? Risposta banale: la soddisfazione di un bisogno, ma che non tiene conto del fatto che nei paesi a reddito medio e alto il bisogno non sottintende più una necessità per qualcosa.
Molto più spesso nell’acquistare qualcosa cerchiamo una esperienza e spesso vogliamo delle caratteristiche che evochino non solo aspetti funzionali, ma che siano in grado di darci sensazioni ed emozioni, anche facendoci sentire parte di vere e proprie community di senso.
Acquistare un bene, in una società in cui la condivisione diviene crescente, significa porsi su di un piano diverso dal semplice utilizzo. Significa creare un valore aggiunto per l’acquirente inserendolo in un ambito di maggiore relazionalità e sotto molti versi di più profonda personalizzazione.
Tibor Scitovsky, un economista eterodosso, in un suo saggio intitolato “L’economia senza gioia” distingueva tra beni di confort e beni di creatività. I primi si esauriscono nel singolo atto di acquisto e comportano la relazione della persona con la cosa, gli altri invece implicano la relazionalità con gli altri.
Gli acquisti dovrebbero quindi orientarsi sempre più a favorire la creatività nell’esperienza del consumo e così rientra la personalizzazione e la fortissima trasformazione in atto nei canali di distribuzione dei prodotti.
Se ne è parlato recentemente a Roma alla presentazione del volume curato da Silvio Brondoni su “Competitive business management a global perspective”. La globalizzazione, e in particolare il commercio elettronico, stanno massificando i consumi e distruggeranno definitivamente le forme di distribuzione legate all’esistenza di uno spazio fisico e al rapporto personale tra acquirente e venditore?
La risposta è: dipende dai beni acquistati e dalla tipologia del consumatore. Certo i grandi market places favoriscono la banalizzazione dei consumi e la maggiore accessibilità grazie anche alla interconnessione con una logistica molto avanzata (tra il 2014 e il 2021 il commercio elettronico crescerà del 250 per cento raggiungendo i 4500 miliardi di dollari e anche nel nostro Paese c’è una tendenza al forte sviluppo).
Spesso non consentono di vivere quell’esperienza di acquisto che passa attraverso le narrazioni di cosa si trova dietro (e dentro) il bene o il servizio acquistato e di ciò che ne ricostruisce sotto molti versi la storia e le caratteristiche.
Appaiono più coerenti per forme di consumi di massa, sfruttando la convenienza di prezzo che in prospettiva potrebbe spingere sempre più il consumatore evoluto verso modalità di uso del bene piuttosto che di acquisto vero e proprio.
Ecco perché, come ha evidenziato Fabio Musso, le stesse imprese stanno integrando la loro strategia di distribuzione non considerando la sostituibilità tra il canale di vendita on line e quello fisico, ma una integrazione più o meno articolata tra le due forme.
In altri termini il carattere esperienziale viene in buona parte riservato al rapporto personale che si sviluppa oltre lo shopping on line. Indubbiamente la diffusione di forme di “realtà aumentata”, che consentono di dimostrare come il prodotto si presenterebbe dopo la sua applicazione, sta crescendo (il 40% dei consumatori sarebbe disposto a spendere di più per un prodotto se offrisse un approccio di questo tipo) e sta togliendo una parte di campo al negozio fisico.
Questo tuttavia può rappresentare anche uno stimolo per passare da strategie definite multi-canale, che non hanno una chiara percezione delle diverse forme di posizionamento sui canali e verso strategie omnichannel in cui divengono importanti due fasi: quella dello showrooming, dove il cliente ricerca le informazioni essenziali dell’esperienza del prodotto nel sito fisico e poi l’acquisto può essere effettuato on line, e quella del webrooming quando invece gli acquirenti ottengono informazioni sulla rete, ma poi effettuano l’acquisto nel negozio.
In entrambi i casi il punto fisico di vendita non diviene un sostituto “perfetto” dell’acquisto in rete, ma un complemento per iniziare o completare l’acquisto. Ciò spiegherebbe anche perché dopo la forte chiusura di esercizi commerciali in tutti i paesi, recentemente si stia manifestando almeno un rallentamento (e la crescita di punti specializzati).
Una cosa appare però chiara, l’esperienza di acquisto va inserita in un mondo in cui la multimedialità ha un ruolo decisivo e la professionalizzazione del personale di vendita assume una valenza decisiva. In altri termini il punto fisico diviene a sua volta uno store importante per inserire il consumatore in community che poi possono essere gestite anche sulla rete e sui social, posto che oggi 4 persone su 10 seguono i loro brand preferiti sui social network e il 93% degli utenti utilizza i canali social tramite il proprio smartphone.
E allora ancora una volta il successo è l'”innovazione ricombinante”, che usa tecnologie aggiungendovi creatività, a rappresentare la sfida per il futuro dei punti vendita se riusciranno a evolversi verso uno store in cui personalizzazione e relazionalità verranno integrate con l’utilizzo delle tecnologie più smart consentite dalla rete.
È anche una bella sfida per una diversa riqualificazione professionale di tanti addetti alle vendite, in una direzione adeguata all’evoluzione delle tendenze di consumo.
di Gaetano Fausto Esposito – Segretario Generale di Assocamerestero

 
Gaetano Fausto Esposito, economista si occupa di analisi economica e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. È autore di numerosi saggi sui temi che riguardano i regimi capitalistici, l’economia finanziaria e dello sviluppo, l’economia industriale, l’analisi economico-territoriale e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. Già direttore dell’Area Studi e ricerche dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, componente dell’Unità di valutazione degli investimenti pubblici e docente di Economia applicata in diversi Atenei, attualmente insegna presso l’Università telematica Universitas mercatorum ed è Segretario Generale di Assocamerestero (l’Associazione delle Camere di Commercio Italiane all’Estero).

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