sabato, Aprile 20, 2024
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Intervista all’Ambasciatore Antonio Bernardini al giornale “O Tempo”

Recentemente arrivato in Brasile, in attesa di conoscere meglio la cultura e la lingua locale, il nuovo ambasciatore d’Italia in Brasile ha grandi aspettative per rafforzare i legami tra i due Paesi. Al giornale “O Tempo”, ha parlato dei suoi piani e dello scenario internazionale.

Dal mese di luglio, il Brasile accoglie il nuovo ambasciatore d’Italia, Antonio Bernardini. Con i progetti incentrati su una maggiore cooperazione nei settori della cultura e dell’istruzione, senza trascurare l’economia, punta a rafforzare ulteriormente i legami tra i due Paesi.

Quali sono i nuovi progetti di cooperazione tra Italia e Brasile?

I progetti sono tanti e tutti rivolti a rafforzare le relazioni tra il Brasile e l’Italia. Questi due paesi stanno venendo fuori da una grave crisi economica, che li ha colpiti negli ultimi anni. L’Italia ne è già uscita, ma non cresce come vorremmo. Il Brasile, sta attraversando un periodo economico difficile, ed è stato anche lui colpito dalla crisi. Ritengo che entrambi i paesi si aspettino una crescita economica e vorremmo cogliere l’occasione per rafforzare le relazioni tra di loro.

Esiste qualche cambiamento sui progetti con il cambio di ambasciatore?

In primo luogo, è importante dire che ci sono sempre due linee nei rapporti tra i paesi. Una linea di continuità e una linea di novità. La continuità è rappresentata dal fatto che questi paesi hanno un rapporto consolidato nel tempo. Abbiamo qui una grande comunità italiana e una forte cooperazione culturale ed economica, e queste sono cose che non cambiano con il tempo. Ciò che cambia è l’enfasi di iniziative per cercare di rinvigorire questa relazione. Non è la funzione dell’ ambasciatore che può cambiare tutto questo. Ciò che è importante è avere un clima di stabilità politica tra i due paesi, che permetta la costruzione di base di questa continuità tra loro.

Lei ha parlato di stabilità politica. Come l’Italia vede l’impeachment dell’ex presidente Dilma Rousseff e il nuovo governo, Michel Temer?

Questo è un problema brasiliano, e l’Italia non si intromette nell’argomento. Quello che desideriamo, e crediamo che sia importante, è di avere un clima di stabilità, perché gli investimenti arrivano quando vi è la stabilità politica del paese. Questo è imprescindibile tanto per il Brasile come per l’Italia.

Vi è già un segno di cambiamento nella politica estera brasiliana con questo recente cambiamento di governo?

Per ora, non cambia nulla. Ma abbiamo fatto incontri nelle ultime settimane, e sembra che le prospettive siano molto interessanti.

Recentemente, l’ottenimento della cittadinanza italiana è diventato più semplice per i brasiliani. Gli immigrati che partono da qui sono i benvenuti nel vostro paese?

Questo cambiamento si riferisce a persone che hanno qualche antenato italiano. Il problema si presentava per il gran numero di discendenti in Brasile e i servizi consolari che non riuscivano a far fronte alla richiesta da gestire. Si tratta di una questione diversa da quella che oggi si vive in Europa, che ha un problema di immigrazione, ma che non ha nulla a che fare con la situazione dei brasiliani.

Il mondo sembra star vivendo un’ondata di intolleranza, come dimostra la crisi dei rifugiati. Qual’è la Sua opinione?

L’ondata di migrazione è un grave problema per l’Europa, perché c’è un numero incredibile di persone che arrivano in Italia e in Grecia. L’opinione pubblica europea è preoccupata, perché non vi è alcuna risposta politica chiara per questo problema. Non è facile, l’Italia ha una proposta molto importante sul tavolo europeo, ma la risposta della comunità europea ritarda ad arrivare.

L’uscita del Regno Unito dell’Unione europea ha stupito tutti. Come è il clima in Europa post-Brexit?

Certamente esiste un elemento di novità politica, perché per la prima volta un paese europeo abbandona un progetto, che abbracciava sempre più paesi. Tutto questo è un fatto politico molto rilevante. La scelta europea è fondamentale per garantire la pace, la sicurezza e il benessere in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di un progetto che ha assicurato un lungo periodo di stabilità nel continente. Vedere qualcosa che potrebbe mettere a rischio questa stabilità non è qualcosa che può essere facilmente accettata.

Quali sono le prime conseguenze dell’uscita?

Conseguenze ancora non ci sono. Il processo di uscita è ancora da definire. Tutte le conseguenze dipenderanno dalle condizioni di questa uscita. Io credo che non interessi a nessuno creare un ambiente di instabilità.

Lei crede che il Brexit influenzerà sulla vita degli immigrati extracomunitari in tutta Europa?

Non credo che questo sia un problema della Brexit. Anche in questo caso, ci troviamo di fronte alla preoccupazione dell’opinione pubblica, che non vede chiarezza nella gestione di questo problema. Non vi è alcun processo di solidarietà (tra paesi) per distribuire i nuovi immigrati, ed è per questo che la concentrazione di immigrati in alcuni paesi è molto più alta. La maggior parte degli immigrati che arrivano in Italia provengono dall’Africa e non in fuga dalla guerra in Medio Oriente. Le motivazioni sono diverse. Abbiamo bisogno di un pacchetto di misure che intervengano massicciamente sulle radici del problema. Evitare che le persone decidano di lasciare i loro paesi perché non hanno alternative è una risposta strutturata, strategica e anche a lungo termine per evitare che questo flusso continui.

Quali sono le sue aspettative per questa esperienza in Brasile?

Da un punto di vista professionale, mi auguro che i rapporti tra il Brasile e l’Italia migliorino ulteriormente. Sono stato molto ben accolto qui in Brasile, è un paese che apre le porte per chiunque arrivi. Economia, cultura e gli italiani che lavorano nel terzo settore in Brasile sono tutti aspetti molto importanti, perché riguardano gli italiani che vengono in Brasile come attori sociali. La mia idea è che dovremmo investire nella cultura e nell’istruzione, in quanto questo è il terreno più promettente. Ci sono molti brasiliani che chiedono il passaporto italiano, perché sono figli di italiani. Ci piacerebbe che tutto questo non fosse solo la richiesta di un libretto. Ci piacerebbe aggiungere valore a questo documento.

Lei ha vissuto in diversi paesi. Cosa ha appreso di questa esperienza in molteplici culture?

Credo che la mia esperienza come diplomatico è in grado di sviluppare flessibilità e anche una tolleranza per le culture dei paesi in cui ho lavorato. È molto importante nella vita, ma anche nel lavoro, essere in grado di sviluppare l’adattabilità della vita stessa alla realtà dei diversi paesi.

Fonte: O Tempo, intervista di Raquel Sodré

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