mercoledì, Aprile 24, 2024
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Lo strabismo italiano tra eccellenze “micro” e pesantezze “macro”

Strabismo ovvero: “deviazione dell’angolo visivo che comporta una visione convergente o divergente”.
L’Italia sembra affetta da uno “strabismo divergente” tra la vitalità dei fenomeni micro (dal punto di vista economico e sociale) e la dinamica dei fenomeni macro economico-sociali.
Recentemente la Fondazione Symbola, Assocamerestero e Unioncamere hanno presentato “L’Italia in 10 selfie”, una istantanea su alcuni aspetti dell’economia che dipinge le eccellenze poco note del nostro Paese.
Scorrendo singoli settori scopriamo primati inediti: per esempio nel campo della green economy, dove operano quasi tre milioni di occupati e dell’economia circolare leader europei con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti, facendo meglio di Germania, Francia e Regno Unito; oppure in settori non convenzionali del made in Italy, come nell’industria farmaceutica, primo paese dell’Unione Europea, anche in questo caso precedendo la Germania, con 31,2 miliardi nella produzione. O ancora della sostenibilità in agricoltura con l’emissione di quasi il 50% di gas serra in meno rispetto alla media dell’Unione europea.
Ma lo stesso potremmo dire per l’industria meccanica, con una posizione di tutto rilievo a livello mondiale, per l’abbigliamento, il legno e arredo, il design… (ma questo è già più noto!).
Dove si muovono le imprese, singole o aggregate, l’Italia corre per vincere o per il podio; le classifiche per reputazione aziendale danno ai primi posti alcuni marchi italiani: la Ferrero guida la graduatoria dei principali marchi agroalimentari nel mondo, e nelle prime 50 posizioni troviamo aziende come Armani e Pirelli in salita rispetto al passato.
Ma se guardiamo agli aspetti più complessivi (ci poniamo cioè in una prospettiva macro) allora il Paese “precipita”!
Così nelle graduatorie per libertà economica della Heritage Foundation siamo al 79esimo posto (seguiti dalla Serbia, peraltro in miglioramento), altre classifiche ci fanno risalire in termini di governance al 46esimo, una posizione comunque tutt’altro che soddisfacente.
Allo strabismo tra micro e macro (costante storica del nostro Paese) si aggiunge un po’ di tipico masochismo italico: occupiamo la terza peggiore posizione a livello mondiale dopo Sud Africa e Brasile, per gap tra reputazione percepita dagli stranieri e quella percepita dagli stessi italiani, quasi dovessimo chiedere scusa per noi stessi!
Senza voler necessariamente aderire a una visione liberista (o neo liberista) è però vero che i cosiddetti effetti di contesto (lungaggini nella giustizia, debito pubblico, debole sistema infrastrutturale, eccesso di burocrazia, sistema fiscale complesso e pesante, etc.) creano una percezione e una reputazione non favorevole perché… alla fine sono le più visibili, almeno dai centri di osservazione internazionale che fanno opinione.
È sicuramente importante una migliore e più diffusa informazione delle nostre eccellenze e dei nostri primati, serve pure un cambiamento di atteggiamento verso noi stessi – spesso giudici eccessivamente severi anche dei nostri punti di forza – ma è indubbio che le pesantezze “macro” contano e si fanno sentire nei valori di sintesi della nostra economia: indubbiamente l’ultimo dato di crescita del prodotto dello 0,9% nel 2018 è un indicatore che non conforta, anche se va considerato in positivo (e fatto sapere!) che nonostante questo il rapporto deficit pubblico sul Pil (2,1%) è il migliore dal 2007 e migliora anche l’avanzo primario (deficit al netto della spesa per interessi).
Proprio per cercare di ricomporre (almeno in parte) questo strabismo, e il conflitto tra i diversi indicatori sul nostro Paese, recentemente è stato elaborato da Ambrosetti per conto della Farnesina un Indice di Attrattività Globale che, con un approccio più complesso di quello di tipo statico, restituisce una “visione” più corretta del Paese, portandoci a un più dignitoso 16dicesimo posto, in risalita di quattro posizioni rispetto al 2014.
E tuttavia appaiono ancora forti ritardi dal punto di vista dinamico, che richiedono una complessiva considerazione degli aspetti macro e di quelli micro.
Se il background del nostro Paese è molto più saldo di quello rappresentato a livello internazionale è però anche vero che gli indicatori sui quali si forma la reputazione e viene misurata la fiducia del pubblico internazionale (i cosiddetti “mercati impersonali”, riconducibili invece in tanti casi a un nucleo di singoli grandi operatori) sono quelli più visibili ed evidenti: tassazione, debito pubblico, apparato burocratico, livello infrastrutturale… e orientano il livello di fiducia. In questo ambito la palla è nel campo della politica economica e di quella sociale.
Una vecchia réclame (un Carosello degli anni ’70) aveva un pay-off che recitava: “la fiducia è una cosa seria che si dà alle cose serie”. Ecco probabilmente per ricomporre aspetti micro e macro serve comunicare e diffondere la (fondata) sensazione che le policy d’intervento siano impostate e condotte con serietà e quindi con responsabilità e affidabilità, secondo un percorso non contraddittorio e sostenibile dal punto di vista istituzionale.
di Gaetano Fausto Esposito – Segretario Generale di Assocamerestero
Gaetano Fausto Esposito, economista si occupa di analisi economica e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. È autore di numerosi saggi sui temi che riguardano i regimi capitalistici, l’economia finanziaria e dello sviluppo, l’economia industriale, l’analisi economico-territoriale e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. Già direttore dell’Area Studi e ricerche dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, componente dell’Unità di valutazione degli investimenti pubblici e docente di Economia applicata in diversi Atenei, attualmente insegna presso l’Università telematica Universitas mercatorum ed è Segretario Generale di Assocamerestero (l’Associazione delle Camere di Commercio Italiane all’Estero).
 

 

 

 

 

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