venerdì, Marzo 29, 2024
HomeAssocameresteroPil giù, rendite su. Paradossi dell'economia e magie della finanza

Pil giù, rendite su. Paradossi dell’economia e magie della finanza

Paradossi dell’economia e magie della finanza: la crescita economica mondiale rallenta e…le grandi imprese (leggi le multinazionali) aumentano i propri dividendi.
Ma come, la distribuzione degli utili non dovrebbe riflettere l’andamento complessivo dell’economia? Pare proprio di no! Le borse mondiali più che rappresentare un barometro di quanto succede a livello internazionale sembrano sempre più una forma di scommessa.
Torna alla mente quanto diceva John Maynard Keynes, quando paragonava il mercato finanziario a una sorta di concorso di bellezza: il beauty contest. Nella sua “Teoria generale dell’occupazione dell’interesse e della moneta” il grande economista di Cambridge paragonava i prezzi borsistici a un concorso indetto da un giornale per votare le donne più belle, attraverso le loro foto. Il vincitore sarebbe stato quello che avrebbe scelto la foto più votata. La più votata, non necessariamente la più bella, ma quella che nella percezione di ciascuno avrebbe riscosso i maggiori consensi, per cui: “Non è quindi il caso di scegliere quelle [facce] che, secondo il proprio miglior giudizio, siano veramente le più belle, nemmeno quelle che l’opinione media pensi che siano le più belle».
Insomma un gioco basato sull’azzardo.
Andamento del pil mondiale

IMF

Dietro la produzione mondiale c’è tanta gente che lavora, rischia e a volte soffre per le diverse condizioni dei mercati eppure alla fine guardiamo all’andamento delle quotazioni borsistiche, dei capital gains e…dei dividendi.
Anzi recentemente le previsioni di crescita per il 2020, anche per gli effetti economici dell’impatto del coronavirus, sono state ulteriormente limate se l’OCSE per il 2020 ha ridotto al 2,9% rispetto all’originario 3% la crescita del prodotto globale, che negli Stati Uniti dovrebbe rallentare al 2% nel 2021, mentre in Giappone e nell’area dell’euro dovrebbe essere 0,7 e all’1,2% rispettivamente.
Si, ma che succede ai dividendi?… Sorpresa! Lo scorso anno i dividendi hanno segnato un altro record.
Il Janus Henderson Global Dividend Index misura la distribuzione degli utili distribuiti dalle prime 1200 società per capitalizzazione nel mondo: il loro valore è di 1430 miliardi di dollari, con un incremento del 3,5%, che passa al 5,4% escludendo fattori valutari e altri aspetti di ordine tecnico, al punto che questo indice ha chiuso l’anno a un nuovo massimo storico di 187,3, a segnalare che le società mondiali hanno corrisposto ai propri azionisti 638 miliardi di dollari in più nel 2018 rispetto al 2009, anno di lancio dell’indice. La crescita è in rallentamento, ma sommando i dividendi distribuiti dalla big company negli ultimi dieci anni arriviamo ad un importo complessivo di 11.400 miliardi di dollari (per avere un’idea circa la somma dei beni e servizi prodotti in una anno in Italia, Germania e Giappone), e (sempre sorpresa!) siamo con l’Olanda il paese europeo a registrare la maggiore crescita (anche se va detto che nelle 1200 società soltanto 11 sono le nostre big company).
Che succede allora? Un fenomeno che interessa molte big company, soprattutto nei paesi avanzati, è l’aumento del cosiddetto mark up, ossia del sovrapprezzo rispetto ai margini normali di vendita, che è possibile quando le imprese riescono ad operare in mercati che non sono concorrenziali.
Gli economisti, che parlano complicato, hanno un indicatore per definire il livello di concorrenzialità del mercato definito dall’indice di concentrazione. Il concetto è intuitivo: se ci sono poche imprese che hanno un’alta quota di mercato allora possono esercitare una sorta di potere monopolistico e praticare maggiori prezzi unitari…in altri termini godono di una posizione di rendita.
Prezzi unitari più alti si trasformano in maggiori profitti e questi poi si possono tradurre in più alti dividendi.
Secondo uno studio del Fondo Monetario Internazionale a partire dal 1980 in 39 economie avanzate il mark up delle imprese più grandi è aumentato di quasi il 40%. Il fenomeno però non si è generalmente accompagnato a maggiori investimenti oppure a maggiori innovazioni: anzi quanto meno concorrenziale è il mercato (più alto è il mark up) tanto minore è il livello di investimento e il tasso di innovazione delle imprese.
In altri termini i maggiori guadagni sono stati distribuiti sotto forma di dividendi e spesso i primi beneficiari sono stati proprio i mega manager delle grandi corporation che, grazie all’incremento del valore azionario (lo shareholder value), e all’aumento dei dividendi di fatto si distribuiscono larga parte dei guadagni derivanti dallo sfruttamento di posizioni di rendita. Ma c’è anche di più la crescita dei livelli di mark up, si accompagna a una riduzione della quota di lavoro.
È come dire (pur se in modo un po’ semplificato) che chi guadagna di più (grazie allo sfruttamento di posizioni di rendita) occupa di meno!
Andamento del tasso d’investimento rispetto al mark-up aziendale 

F.J. Díez, D. Leigh, S. Tambunlertchai,

Così il circuito si chiude: dove c’è maggiore rendita, le imprese applicano prezzi maggiori,occupano di meno, fanno utili più alti che non reinvestono per lo sviluppo, ma distribuiscono sotto forma di dividendi di cui i principali beneficiari sono i loro manager.
Nel frattempo ci sono tante imprese più piccole che combattono ogni giorno per stare a galla, che sono costrette a innovare per la sopravvivenza e danno un contributo allo sviluppo e in tanti casi devono “tirare la cinghia”. È indubbio che questa situazione aumenta le diseguaglianze di reddito e le distanze tra chi possiede azioni e chi possiede invece altri beni o…non possiede affatto! Tra l’economia reale e l’economia speculativa! Tra chi soffre le rigide leggi del mercato e chi – magari pur lodandone i pregi – si protegge dietro posizioni di privilegio costituite a vario titolo.
Allora “una domanda sorge spontanea”, come diceva Antonio Lubrano in una nota trasmissione della RAI degli anni Novanta che si occupava di difendere i consumatori…quanto è veramente etico tutto questo ed è questa la forma di capitalismo che vogliamo per il nostro futuro?Gaetano Fausto Esposito, economista si occupa di analisi economica e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. È autore di numerosi saggi sui temi che riguardano i regimi capitalistici, l’economia finanziaria e dello sviluppo, l’economia industriale, l’analisi economico-territoriale e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. Già direttore dell’Area Studi e ricerche dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, componente dell’Unità di valutazione degli investimenti pubblici e docente di Economia applicata in diversi Atenei, attualmente insegna presso l’Università telematica Universitas mercatorum ed è Segretario Generale di Assocamerestero (l’Associazione delle Camere di Commercio Italiane all’Estero).

Translate