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Campagna ”Io sto con il Made in Italy”

Federalimentare: “Il saper fare italiano è diventato un brand. L’export cresce dell’81%”
L’export alimentare ha registrato un incremento dell’81% rispetto ai valori pre-crisi (2007), contro il +29% del totale industria. Oltre 42 miliardi sui 200 fatturati dal settore agroalimentare nel 2018 provengono dall’export. Sono numeri importanti quelli forniti dal presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio, durante il convegno che si è tenuto alla Camera dei Deputati per la presentazione della campagna nazionale “Io sto con il Made in Italy”, un’iniziativa che si prepara a tutelare gli interessi delle aziende italiane all”interno del prossimo parlamento europeo.
“Vista la perdurante stagnazione interna – secondo Vacondio – l’industria alimentare italiana deve puntare sulla promozione del Made in Italy all’estero, che rappresenta nel breve periodo l’unico modo per reagire al calo della domanda interna. Le nostre imprese hanno capito bene questa esigenza: la propensione all’esportazione – cioè il rapporto tra la quota esportata e il fatturato totale – per l’industria alimentare ha raggiunto nel 2018 il 23,5%, un incremento di 10 punti percentuali rispetto alle incidenze export-fatturato registrate all’inizio del decennio scorso”.
“Questi sono numeri che ci indicano quanto sia importante puntare sulla promozione del Made in Italy all’estero, dove il nostro patrimonio enogastronomico è riconosciuto senza pari al mondo. E non solo per la bontà e la genuinità dei prodotti, ma anche perché il nostro cibo è garanzia di sicurezza e salubrità, fattori centrali di competitività. Il saper fare italiano – ha concluso Vacondio – è diventato negli anni un vero e proprio brand e non è un caso se fuori dall’Italia la locuzione “Made in Italy” viene associata a valori come bellezza, passione, creatività, lusso, cultura e qualità”.

Nel convegno per il lancio della campagna “Io sto con il made in Italy” organizzato dall’On Gallinella presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati,  Luigi Scordamaglia di Filiera Italia ha dichiarato: “Oggi più che mai il modello di filiera di valorizzazione di tutto quello che sta a monte del prodotto rappresenta il futuro, non solo per il settore agroalimentare, ma per tutti quelli vincenti del nostro Paese” dice Scordamaglia “Nessuna azienda alimentare italiana per quanto grande prescinde dal territorio in cui è nata e questo le conferisce un valore aggiunto che i (spesso giganti) concorrenti mondiali non potranno mai avere. Un modello che sarà alla base della promozione e della comunicazione che il nostro Paese farà a livello internazionale  e che stimola nuovi strumenti finanziari pensati proprio per le filiere ed il supply chain”.
“L’obiettivo – dice ancora Scordamaglia – è contrastare senza se e senza ma l’Italian sounding che ruba al nostro Paese oltre 300.000 posti di lavoro, anche quando a farlo sono aziende operanti in Italia che omettono lo stabilimento di produzione in etichetta o dichiarano di fare “made in Italy” producendo all’estero”. E prosegue il numero uno di Filiera “Dobbiamo contrastare la passività e l’inadeguatezza di un’Europa che decide di non schierarsi sull’etichettatura, chiudendo un occhio su un regolamento sull’origine in etichetta ancora monco ed inadeguato ad armonizzare le regole nell’interesse dei consumatori e dei produttori più seri”.

 

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