giovedì, Marzo 28, 2024
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Emergenza Venezuela, perché la drammatica situazione delle imprese richiede posizione chiara e volontà di cambiare

Le nostre imprese sono abituate a sperimentare instabilità politico-istituzionali e querelle diplomatiche dei paesi dove esportano o hanno insediamenti produttivi. E purtroppo a farne le spese, è un Paese come l’Italia che ha avuto, soprattutto negli ultimi anni l’unico contributo positivo alla crescita del PIL dalla domanda internazionale.

È accaduto ad esempio con l’India, con l’Iran, la Russia e sta capitando anche in questi mesi sui dazi “triangolari” tra USA, Cina e Unione Europea.
Ma la questione che si è aperta in Venezuela presenta molti aspetti di peculiarità. In primo luogo – a differenza dei dazi che intaccano direttamente la competitività delle imprese – il tema dell’imprenditoria locale è quasi completamente trascurato nelle analisi di stampo politico-istituzionale.
In secondo luogo, buona parte della “vera imprenditoria” venezuelana ha una forte matrice etnica italiana – o per dirla con Piero Bassetti – italica per la numerosità e gli storici fortissimi rapporti tra le comunità italiane che ne fanno il terzo paese di presenza di matrice italica nell’America del Sud (più di 2,5 milioni di persone solo tra italiani residenti e oriundi).
Infine, un legame storico con quel Simon Bolivar il “libertador” (padre dell’indipendenza Venezuelana e non solo) che proprio in Italia, nel 1805, (impressionato dalle gesta di Napoleone Bonaparte) si formò i suoi propositi di rendere indipendenti le colonie spagnole d’America e di creare una grande repubblica di Colombia e a Roma, sull’Aventino, giurò “sopra questa terra sacra la libertà del Venezuela”.
La polarizzazione politica della questione sta mettendo in assoluto secondo piano la drammatica situazione in cui versa questa imprenditoria – sostanzialmente trascurata dai media. Da qui l’appello della Camera di Commercio Italiana in Venezuela (CAVENIT) l’istituzione a base imprenditoriale che associa circa 800 imprese italiane e italo Venezuelane ed esprime la sintesi delle business community in quel Paese.
Se storicamente l’Italia si è giocata con la Germania i primi posti della bilancia commerciale del Paese, sono le nostre medio-piccole imprese che nel passato hanno impiegato una maggior quantità di lavoratori, per le caratteristiche peculiari della nostra imprenditorialità.
Le imprese italiane sono poi distribuite su tutto il territorio venezuelano, abbracciando la gran parte dei settori dell’economia e in particolare i settori edile, agroalimentare, servizi, metalmeccanica, energia, sotto molti versi nei decenni scorsi hanno portato un modello imprenditoriale frutto di iniziativa e di creatività, che si affianca a quello delle grandi multinazionali.
Sono state imprese abituate a competere sul mercato e a fare azioni di valorizzazione dei nostri prodotti localmente, tuttavia negli ultimi anni assistiamo a una vera e propria débâcle, da quando il governo locale ha sostituito l’attiva iniziativa di mercato con accordi negoziati con singoli paesi (in particolare Russia, Cina, Cuba, Iran, Bielorussia e Turchia) a scapito di quelli dell’Unione europea.
L’effetto di questa politica? La desertificazione del numero di imprese “vere”: negli ultimi 10 anni sono sparite almeno 500mila aziende, ne restano attive meno di 250mila su tutto il territorio nazionale e quelle strettamente manifatturiere sono meno di 3.500.
La scomparsa delle imprese si è portata dietro quella di milioni di occupati. Inoltre, dall’ultima inchiesta realizzata dalla CAVENIT sui suoi soci, risulta che le aziende ancora attive stanno lavorando a un 30% della loro capacità installata, con ulteriori ripercussioni negative sull’occupazione e il tutto in una condizione di assoluta incertezza.
In questo contesto emerge il lavoro centrale portato avanti dalla stessa Camera con circa 800 associati imprenditoriali, punto di riferimento delle PMI e della comunità di affari italo-venezuelana, accompagnando e aiutando la comunità imprenditoriale nella ricerca di possibili alternative economiche all’attuale crisi e per prepararle alla ricostruzione.
Ma senza una concreta attenzione politica dall’Italia e un interesse specifico questa azione non può bastare, anche se ha fatto tanto negli scorsi anni! Ne è una riprova il progetto della Camera su “L’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese attraverso la partecipazione a grandi progetti in sinergia con gli attori del Sistema Italia”, che si poneva sulla scia della vincita da parte del Consorzio GAI (Ghella-Sogene-Impregilo) di un importante appalto per costruire 756 km di ferrovie, nell’ambito del Piano Nazionale Ferroviario, per collegare le PMI italo-venezuelane, con le aziende meccaniche italiane dell’indotto.
Oggi il Piano Nazionale Ferroviario è paralizzato, si è conclusa solo una piccola tratta e il governo venezuelano deve circa 1.500 milioni di USD al consorzio GAI.
Poi c’è la questione dei crediti vantati dalle aziende: a quelli con GAI si sommano circa 200 milioni di USD delle altre multinazionali, più circa 300 milioni di USD delle piccole e medie imprese italiane e italo-venezuelane.
Tutti questi crediti potrebbero essere recuperati, con adeguate politiche italiane in Venezuela. In questo clima c’è stata la fuga nelle nostre maggiori imprese: dieci anni fa, erano presenti in Venezuela: Alitalia, Ansaldo, Astaldi, Eni, Foster Wheeler, Ghella-Sogene, Impregilo, CIMOLAI, Nuovo Pignone, Parmalat, Pirelli, Saipem, Supermetanol, Trevi Cimentaciones ed VP IVECO. Oggi rimangono solo: ENI, Parmalat, Saipem, Supermetanol, Trevi Cimentaciones ed alcune con piccole rappresentanze (ad esempio lo stesso consorzio GAI).
Le previsioni del Fondo Monetario internazionale per il 2019 di una iperinflazione del 10.000.000,00%, con un’ulteriore riduzione del PIL del 5% che dal 2013 a oggi si è già ridotto di circa il 50%, delinea un quadro non più sostenibile.
Sono i nostri imprenditori che ancora lavorano in Venezuela a dirci, tramite la Camera italiana, che stiamo perdendo grandi opportunità. Si aprirà necessariamente un periodo di ricostruzione economica, non saranno sufficienti solo i grandi investimenti stranieri, ma soprattutto competenze e capacità soft per rigenerare un ambiente produttivo e di mercato, e quindi occorreranno competenze qualificate, dove le piccole e medie imprese italiane – ben inserite anche nei circuiti della sub-fornitura internazionale – si distinguono dalle altre per qualità e quantità e creatività.
Nella storia delle nazioni i processi economico-politici evolvono, dobbiamo quindi accettare la mutabilità delle situazioni: quella stessa mutabilità che secondo Simon Bolivar, l’artefice dell’indipendenza venezuelana (tanto invocato quanto poco conosciuto nella sua reale azione), caratterizza le grandi repubbliche!
di Gaetano Fausto Esposito – Segretario Generale di Assocamerestero
Gaetano Fausto Esposito, economista si occupa di analisi economica e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. È autore di numerosi saggi sui temi che riguardano i regimi capitalistici, l’economia finanziaria e dello sviluppo, l’economia industriale, l’analisi economico-territoriale e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. Già direttore dell’Area Studi e ricerche dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, componente dell’Unità di valutazione degli investimenti pubblici e docente di Economia applicata in diversi Atenei, attualmente insegna presso l’Università telematica Universitas mercatorum ed è Segretario Generale di Assocamerestero (l’Associazione delle Camere di Commercio Italiane all’Estero).

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