giovedì, Marzo 28, 2024
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Gli immigrati in Italia producono più della Croazia

I 2,4 milioni di occupati immigrati in Italia nel 2016 hanno prodotto 130 miliardi di valore aggiunto (8,9% del PIL). Messi a confronto con le economie dei paesi UE, gli stranieri in Italia sarebbero al 17° posto, con un valore aggiunto superiore al PIL di paesi come Ungheria, Croazia o Slovenia. Il contributo economico dell’immigrazione si traduce in 11,5 miliardi di contributi previdenziali, in 7,2 miliardi di Irpef versata, in oltre 570 mila imprese straniere.
Questi i principali risultati presentati dalla Fondazione Leone Moressa con la settima edizione del Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione, pubblicato con il contributo della CGIA di Mestre e con il patrocinio di OIM e MAECI2 e presentato oggi alla Farnesina.
“L’economia dell’immigrazione è una economia dell’integrazione” ha detto il Direttore generale per gli italiani e le politiche migratorie della Farnesina, Luigi Maria Vignali, che ha aperto la presentazione, dando poi la parola al Direttore scientifico della Fondazione Leone Moressa, Stefano Solari. Presente ai lavori anche il Presidente dell’INPS, Tito Boeri.
L’edizione 2017 del Rapporto, oltre a fotografare l’impatto economico e fiscale dell’immigrazione in Italia, approfondisce una prospettiva internazionale più ampia, analizzando le dinamiche dei quasi 250 milioni di migranti internazionali.
Il reale impatto economico
In un Paese che invecchia (7 nascite contro 11 morti ogni mille abitanti), la presenza immigrata rappresenta forza lavoro indispensabile in molti settori. Da un punto di vista previdenziale, i lavoratori immigrati versano 11,5 miliardi di contributi e garantiscono un saldo positivo per le casse INPS.
Complessivamente, il valore aggiunto prodotto dai lavoratori immigrati è pari a 130 miliardi (8,9% del valore aggiunto nazionale). Non si tratta di occupazione in concorrenza con quella italiana, ma di occupazione “complementare”. Italiani e stranieri fanno lavori diversi: tra gli immigrati, solo l’11% è laureato, mentre tra i giovani italiani questa quota raggiunge il 31%. Anche per questo alcune professioni sono a conduzione prevalentemente straniera: il 74% dei lavoratori domestici è straniero, così come oltre il 56% delle “badanti” ed il 52% dei venditori ambulanti.
Le imprese immigrate
Accanto a queste professioni troviamo anche le imprese condotte da immigrati che continuano a crescere ed a produrre Valore Aggiunto. Negli ultimi cinque anni, in particolare, mentre le imprese italiane sono diminuite del 2,7%, quelle straniere hanno registrato un +25,8% raggiungendo quota 570 mila (9,4% sul totale) e producendo 102 miliardi di euro di Valore Aggiunto, pari al 6,9% della ricchezza complessiva. In forte crescita gli imprenditori del Bangladesh, anche se il primato per gli imprenditori stranieri è del Marocco (11%) e della Cina (10%).
Le dinamiche migratorie
A livello mondiale si stimano circa 250 milioni di migranti, ovvero il 3% della popolazione mondiale. Le migrazioni forzate invece riguardano 65 milioni di migranti, di cui il 60% sfollati interni. In Europa nel 2016 si è registrato oltre un milione di richieste d’asilo, effettuate in quasi il 60% dei casi in Germania.
In Italia l’immigrazione è cresciuta negli ultimi venticinque anni: basti pensare che nel 1991 era inferiore all’1% della popolazione, mentre nel 2016 gli immigrati regolari in Italia sono 5 milioni, 28 volte di più rispetto ai migranti accolti nei centri di accoglienza (176 mila). Le nazionalità più numerose sono Romania, Albania e Marocco. Immigrati che attraverso le rimesse inviate in patria (5,1 miliardi – 0,30% del PIL), generano un flusso economico più consistente degli Aiuti Pubblici allo Sviluppo investiti dall’Italia nel 2016 (2,9 miliardi – 0,17% del PIL) e si “aiutano a casa loro”. (aise)

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