mercoledì, Aprile 24, 2024
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Idee e innovazione: riscopriamo le loro origini nella nostra storia

L’attribuzione dei Premi Nobel è sempre un’occasione per interrogarsi sui progressi nel campo delle scienze e anche in quello sociale. Il Premio per l’Economia non rientrava tra quelli per i quali Alfred Nobel vedeva il progresso dell’umanità, ed infatti ha seguito un percorso del tutto diverso, ma in diversi casi – non tantissimi per la verità – consente di individuare delle traiettorie che consentono riflessioni e sviluppi.
Quest’anno il riconoscimento è andato a due noti accademici: William Nordhaus, che ha dedicato grande attenzione alla relazione tra economia e cambiamenti climatici, e Paul Romer per la sua analisi della “crescita endogena” e del ruolo delle tecnologie per lo sviluppo.
Volendo leggervi un segnale è come se fosse ritornato di attualità il tema dell’ambiente e degli effetti dell’innovazione per il progresso economico e sociale. Un tema che oggi sembrerebbe “politically uncorrect”.
In particolare, dietro il termine esoterico di “crescita endogena” e i modelli matematici utilizzati per descrivere in modo formale le teorie di Romer, si nasconde una delle verità più dirompenti sul modo in cui progrediscono le economie, ossia attraverso lo sviluppo della creatività e favorendo la crescita di idee che servono per produrre altre idee (e non difendendosi dagli altri, alzando barriere).
“Ma che bella scoperta”, diranno molti. Il fatto che l’innovazione sia fatta dallo sviluppo delle idee, non è una novità. Ma sono le implicazioni di questa cosa che mettono in crisi convinzioni consolidate: il valore di un bene e di un servizio è sempre meno legato all’involucro e alla forma, e sempre più al suo contenuto, alle idee, alla capacità creativa che riesce ad esprimere.
E la capacità creativa si sviluppa sempre meno negli ambiti ristretti e chiusi dei laboratori di sperimentazione di imprese ed Università . Mentre cresce sempre più nelle interazioni, negli scambi e nei collegamenti tra le persone.
Allora le diverse forme di economia della condivisione – che puntano a ibridare, mettere in comune e poi diffondere nuovi modi di fare e di pensare – divengono il fulcro del nuovo modo di intendere l’innovazione. Non più una sorta di segreto da difendere, perimetrare e sfruttare individualmente, bensì un processo di mutuo arricchimento che conduce allo sviluppo. Allora l’innovazione diventa (usando il complicato linguaggio degli economisti) una vera e propria “economia esterna”, perché chi la produce genera un vantaggio per sé ma, allo stesso tempo, contribuisce ad accrescere lo stock complessivo di innovazione e creatività per un vasto pubblico di fruitori.
In queste teorie c’è, quindi, un carattere eversivo del Capitalismo tradizionale basato sulla proprietà dei beni e sull’esclusione, sull’impresa chiusa e confinata per evitare che i risultati prodotti siano estesi ad altri, che potrebbero vanificare il vantaggio competitivo acquisito. Un’impresa “barricata”.
Sotto diversi aspetti, ad essere messo in crisi è lo stesso valore del diritto di proprietà pieno ed assoluto: si tratta di un diritto che si può esercitare sulle cose ma che, quando riferito alle idee, diviene evanescente e – per dirla con le stesse parole di Paul Romer – si trasforma in un diritto di proprietà debole e limitato. Emerge allora “un’impresa senza confini”, che trova la sua ragione di sviluppo nell’azione creativa consentita dallo scambio tra le persone che lavorano nel suo ambito, e tra le persone che stanno fuori dai suoi confini fisici, nel vastissimo pubblico dei clienti, dei consumatori, di quanti a vario titolo e in vario modo interagiscono in maniera creativa. Da questo punto di vista, l’azienda stessa diviene una sorta di “bene comune”, il cui valore incrementa con il coinvolgimento di quanti possano far crescere il processo ideativo.
Le idee si sviluppano meglio quando il confronto avviene tra persone con esperienze diverse. Per dirla con Brian Arthur, studioso della complessità: “Inventare qualcosa è trovarlo in qualcosa che esiste già”. Le innovazioni oggi sono sempre più “ricombinanti”, brutto termine che indica la capacità della creatività di mettere insieme idee, in formule nuove e mai sperimentate. Come hanno dimostrato due studiosi dell’innovazione, Lars Bo Jeppesen e Karim R. Lakhani, le persone con una preparazione lontana dal settore di riferimento sono in grado di dare un contributo alla soluzione innovativa molto superiore ai cosiddetti “esperti della materia”. L’innovazione, dunque, diventa anch’essa un fenomeno aperto, alimentato da esperienze diverse e lontane.
E allora vengono alla mente le parole di un grande “eclettico” del nostro Risorgimento: quel Carlo Cattaneo che, noto per il suo impegno politico-istituzionale ma anche per essere uomo di scienza e di pensiero, due secoli fa associava la creatività alle menti associate. “L’intelligenza è la capacità di vedere in una cosa che tutti osservano qualcosa di nuovo, di inatteso e di promettente. Il lievito che fa fermentare le idee non si svolge in una mente sola. Il genio si tiene per mano alla catena de’ suoi precursori, diceva.
Anche da questa citazione possiamo capire perché nelle radici del nostro pensiero si rintraccino i moderni prodromi della creatività e dell’innovazione. Questo deve aiutarci a pensare positivo, ma anche ad operare con maggiore convinzione e determinazione sulla strada dei nostri precursori con uno sguardo aperto.
di Gaetano Fausto Esposito – Segretario Generale di Assocamerestero
Gaetano Fausto Esposito, economista si occupa di analisi economica e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. È autore di numerosi saggi sui temi che riguardano i regimi capitalistici, l’economia finanziaria e dello sviluppo, l’economia industriale, l’analisi economico-territoriale e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. Già direttore dell’Area Studi e ricerche dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, componente dell’Unità di valutazione degli investimenti pubblici e docente di Economia applicata in diversi Atenei, attualmente insegna presso l’Università telematica Universitas mercatorum ed è Segretario Generale di Assocamerestero (l’Associazione delle Camere di Commercio Italiane all’Estero).

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