giovedì, Aprile 18, 2024
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Il Quantitative Easing non basta, cosa ci insegna Keynes

“Sembra improbabile che l’influenza della politica bancaria sul saggio di interesse sarà sufficiente da sé sola a determinare un ritmo ottimo di investimento. Ritengo perciò che una socializzazione di una certa ampiezza dell’investimento si dimostrerà l’unico mezzo per farci avvicinare alla piena occupazione”. 
Questa affermazione di John Maynard Keynes fatta più di ottanta anni fa ha straordinaria attualità alla luce del rilancio della Banca Centrale Europea delle politiche di Quantitative Easing (per quanto in misura inferiore rispetto al passato), ossia di acquisto di titoli per immettere liquidità nel sistema.

Le politiche monetarie non sono una panacea soprattutto se i tassi di interesse sono bassissimi e in alcuni casi nulli, se non c’è volontà di investire da parte delle imprese, non basta ridurre il costo del denaro. Come dimostrano i risultati della precedente fase di Quantitative Easing gli effetti sullo stimolo della crescita di queste politiche sono molto bassi: il programma di espansione monetaria lanciato dalla Banca Centrale Europea nel marzo 2015 e terminato a dicembre 2018 ha creato moneta per ben 2600 miliardi di euro: circa il 20% del Pil dell’Eurozona!

Questo meccanismo funziona solo se le banche utilizzano la maggiore liquidità per aumentare i prestiti all’economia, spingendo quindi la domanda di investimenti (o anche di consumi per quanto riguarda il credito al consumo). Ma questo non è avvenuto tanto che il credito bancario erogato alle imprese e alle famiglie è addirittura diminuito: passando dai 1420 miliardi del marzo 2015 ai 1329 miliardi del dicembre scorso: 91 miliardi in meno pari a circa il 5% del nostro Prodotto Interno Lordo.

La manovra ha sicuramente avuto i suoi effetti: diverse banche hanno migliorato i loro attivi (anche quelle tedesche e francesi) e c’è stata una riduzione degli spread sui titoli, ma il livello dei prezzi non si alzato e nonostante questo in Europa c’è stato un rallentamento del tasso di crescita e le previsioni future non sono lusinghiere. Questo ha giustificato – non senza contrasti nel Consiglio direttivo della Bce – un ritorno (più moderato del passato) al Quantitative Easing.

Il punto è che le manovre di politica monetaria hanno un impatto sempre minore sul livello di attività economica (e questo Draghi ben lo sa), soprattutto se c’è un clima di forte incertezza sui mercati, al punto che gli stessi modelli di previsione della Bce dimostrano che una variazione di 50 punti base nei tassi a breve ha un effetto temporaneo sul Pil non superiore allo 0,2%, pur con una variabilità da Paese a Paese. 

Certo nel caso dell’Italia, dove la crescita è nulla, potrebbe già essere qualcosa. E ricordiamoci che ancora oggi il nostro Pil è inferiore del 5% a quello che avevamo all’inizio della crisi nel 2008.

In effetti lasciano un poco perplessi anche le autorevoli affermazioni di quanti suggeriscono, invece di acquistare titoli, di mettere moneta direttamente nelle tasche di chi potrebbe spenderla, un’operazione definita “helicopter money”: è stato stimato che se invece di passare per le banche l’aumento di moneta fosse stato direttamente distribuito ai cittadini ciò avrebbe prodotto un aumento della spesa per singola persona di 160 euro al mese per 46 mesi, il periodo di durata del Quantitative Easing.

Sicuramente gli effetti sulla massa di consumi e di investimento sarebbero maggiori ma… ritorniamo ancora una volta a Keynes: “Per motivi in parte ragionevoli, in parte istintivi, il nostro desiderio di tenere moneta come riserva di ricchezza è un barometro del nostro grado di sfiducia nelle nostre capacità di calcolo e nelle nostre convenzioni sul futuro”.

In altri termini se c’è incertezza sul futuro, soprattutto in una fase in cui i tassi di interesse sono minimi, nulli o addirittura negativi, è probabile che la moneta resti nelle tasche, forse venga addirittura versata in banca (ma abbiamo già visto che poi questo non genera maggiori prestiti) e comunque non sia spesa.

Questo riguarda le persone e per le imprese? E qui: “I mercati sono mossi da spiriti animaleschi, e non dalla ragione.” Cioè al di là delle disponibilità economiche e del costo del denaro le imprese si muovono sulla base di motivazioni sulla stabilità del quadro delle aspettative future e su quello che potrà succedere per l’espansione del loro business. E a livello delle principali aree del mondo l’andamento di un indicatore come i nuovi ordinativi delle imprese è oggi sostanzialmente in picchiata.

Andamento degli ordinativi nelle principali aree economiche:

Il mondo si basa sull’incertezza e c’è un solo modo per cercare di adeguarsi, diffondere un clima di fiducia sul futuro, che aiuta a modificare in positivo le aspettative di acquisto e di investimento. E la fiducia viene anche dalla coerenza di policy (annunciate e poi) adottate e dalle dichiarazioni politiche al riguardo, che quando in conflitto tra di loro alimentano la sfiducia. 
Alla vigilia dell’impostazione di una nuova manovra economica in Italia, che coincide anche con l’avvio di una nuova fase della Commissione Europea, ricordiamoci che per fare sviluppo reale non si può sperare di aumentare la moneta, sia tramite le banche né forse mettendola direttamente nelle mani di cittadini o imprese (diversa è l’ipotesi formulata da Enrico Grazzini di Titoli di Sconto Fiscale), delegando le scelte a qualche istituzione non italiana, ma bisogna da un lato usare la leva di una spesa pubblica produttiva e dall’altro lavorare sulle condizioni che restituiscano fiducia ai mercati… un lavoro che non possiamo fare solo in Italia (però sarebbe bene cominciare da noi) o in Europa, ma che richiede una consapevolezza più vasta nel mondo (pensiamo alla guerra dei dazi tra USA e Cina), perché altrimenti le conseguenze, alla fine, finiranno non per avvantaggiare qualcuno, ma colpiranno tutti. 
Perciò concludiamo citando sempre Keynes: “Dobbiamo inventare una saggezza nuova per una nuova era. E nel frattempo, se vogliamo fare qualcosa di buono, dobbiamo apparire eterodossi, problematici, pericolosi e disobbedienti agli occhi dei nostri progenitori”. Un poco di coraggio e soprattutto un maggiore spirito di coesione per disobbedire a una tendenza che si è consolidata… non può che fare bene!
di Gaetano Fausto Esposito – Segretario Generale di Assocamerestero
Gaetano Fausto Esposito, economista si occupa di analisi economica e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. È autore di numerosi saggi sui temi che riguardano i regimi capitalistici, l’economia finanziaria e dello sviluppo, l’economia industriale, l’analisi economico-territoriale e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. Già direttore dell’Area Studi e ricerche dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, componente dell’Unità di valutazione degli investimenti pubblici e docente di Economia applicata in diversi Atenei, attualmente insegna presso l’Università telematica Universitas mercatorum ed è Segretario Generale di Assocamerestero (l’Associazione delle Camere di Commercio Italiane all’Estero).

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