giovedì, Aprile 18, 2024
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Lavoriamo da sempre per l’affermazione del Made in Italy nel Mondo

Intervista al Presidente di Assocamerestero, Gian Domenico Auricchio
Presidente Auricchio, ha da poco assunto la guida di Assocamerestero. Su cosa si concentrerà la Sua Presidenza?
Ho accettato questo incarico perché considero la rete delle Camere di Commercio Italiane all’Estero una straordinaria piattaforma sui mercati internazionali per le imprese italiane: siamo un network di 79 strutture, presenti in 54 Paesi con 140 uffici grazie alle numerose delegazioni presenti sui territori più estesi, che associa 18mila tra aziende e professionisti italiani ed esteri. Ogni anno le Camere fatturano circa 45 milioni di euro di servizi, l’80% delle quali dedicati all’organizzazione di occasioni di business e relativi follow up tra imprese italiane e locali e all’assistenza personalizzata per approcciare e/o consolidare la presenza al di fuori dei confini nazionali.
Le stesse imprese riconoscono nelle Camere una rete qualificata, affidabile, flessibile ed efficace che, forte di questi risultati, deve essere sempre più valorizzata e promossa.
Come Associazione, dobbiamo sempre più diffondere questo messaggio presso gli interlocutori italiani, istituzionali ma anche privati, promuovendo le Camere italiane all’estero come un riferimento essenziale sull’internazionalizzazione anche per altri soggetti di promozione e per altre reti interessate ad operare in ambito internazionale: quella dei commercialisti, dei consulenti aziendali, banche, etc.. Tutte reti operanti per il mercato che potrebbero agire come canale di diffusione presso le imprese dei servizi delle CCIE. L’essere poi parte del sistema camerale italiano, da sempre vicino alle imprese minori, è per noi un ulteriore importante punto di forza.
Da imprenditore che esporta in 50 mercati del mondo, come valuta l’attuale scenario internazionale per le aziende italiane?
Per chi fa impresa mai come negli ultimi anni sono cambiati gli orizzonti, geografici e temporali. Non ha più senso parlare di singoli mercati, ma l’impresa deve essere protagonista del mercato globale. Certo, presidiare realtà differenti per abitudini di consumo, cultura e anche capacità di spesa, chiede un forte sforzo di personalizzazione dei prodotti e di investimento sul brand. Da ciò deriva un approccio diverso all’internazionalizzazione, vista non più come un’opportunità da cogliere in caso di circostanze favorevoli, ma come una precisa scelta aziendale, da strutturare secondo una strategia di lungo periodo.
La manifattura italiana, anche durante la crisi, ha mostrato forte capacità di reinventarsi e conquistare nuovi spazi, anche grazie al potere evocativo di un brand, il Made in Italy, sinonimo di qualità, innovazione nel solco della tradizione e della creatività. Innovazione che trova il suo ambiente naturale nelle start up, che stanno portando nuova linfa alla crescita imprenditoriale, ma che spesso richiedono un più forte orientamento sull’estero. È proprio sul binomio tutela della tipicità e innovazione che quest’anno è improntata l’azione del sistema delle CCIE.
In che modo queste due linee di attività saranno al centro dell’azione delle CCIE per il 2016?
Come Camere, lavoriamo da sempre per l’affermazione del prodotto Made in Italy: circa la metà delle nostre azioni promozionali si concentra sulla valorizzazione del patrimonio culturale ed eno-gastronomico italiano. Quest’anno però vogliamo  far leva su un ulteriore aspetto, ovvero la tutela delle produzione e il contrasto di ciò che italiano non è, ma che per assonanza richiama al nostro Paese, ovvero l’Italian sounding. In ambito alimentare il “falso italiano” alimenta un giro d’affari di circa 60 miliardi di euro, di cui 54 riguardano l’imitazione dei nostri prodotti. Qui l’impegno camerale è forte, sia su mercati in crescita per i prodotti italiani, come gli Stati Uniti, che su quelli di primo riferimento, come quelli europei.
Sul fronte dell’innovazione, invece, spazio alla creazione di sinergie Italia-estero che possano consentire al fenomeno delle start up, una realtà in continua crescita (ad oggi sono più di 4.500 le imprese innovative, in aumento del 76% rispetto al 2014), di allargare i propri orizzonti al di fuori dei confini nazionali.
In particolare, di che progetti si tratta?
Il biennio 2016-17 nove CCIE presenti negli Stati Uniti, Canada e Messico saranno protagoniste di una Campagna per la valorizzazione del cibo 100% Made in Italy promossa dal Ministero dello Sviluppo Economico con il Progetto “Valorizzazione e promozione del prodotto agroalimentare italiano autentico”, gestito da Assocamerestero, con l’obiettivo di incrementarne il consumo dei prodotti “autenticamente italiani”, attraverso l’organizzazione di incoming in Italia di operatori del food, opinion leader e influencer, eventi di promozione e formazione, etc.. E’ un progetto sui cui abbiamo investito molto e che si avvale di partnership e collaborazioni di prestigio: in primo luogo Federalimentare e Cibus (la manifestazione fieristica leader sull’agroalimentare in Italia realizzata da Fiere di Parma) e AICIG, Associazione che associa 60 consorzi di tutela e rappresenta il 95% delle produzioni italiane ad indicazione geografica.
Anche sul fronte europeo, il contrasto all’Italian sounding è al centro in Germania dell’iniziativa delle CCIE di Francoforte e Monaco di Baviera, che hanno costituito un’Associazione “Italian Sounding” per rappresentare gli imprenditori italiani ed agire contro le violazioni a danno dei consumatori. Questa azione ha portato di recente al ritiro dal mercato di alcune produzioni.
Sul tema dell’innovazione stiamo sostenendo, con servizi mirati di mentoring e di supporto all’estero, l’azione di start up nella ricerca di partnership con imprese omologhe, sia in Europa che fuori, per mettere a frutto opportunità di collaborazione sia tecnologica che produttiva.
Qual è, secondo Lei, il valore aggiunto delle CCIE in questo campo?
Queste iniziative testimoniano il tratto distintivo delle CCIE: il radicamento all’estero e l’approccio business oriented le rendono infatti un interlocutore fondamentale per consolidare nel mondo la presenza di prodotti italiani, aprendo nuove strade alle imprese che vogliono andare con consapevolezza all’estero. Le CCIE sono perciò un asset del Paese per dare un forte contributo di collegamento con le comunità d’affari locali e con le tendenze di consumo che animano lo scenario internazionale. Una rete che, in stretto raccordo con gli altri soggetti pubblici che svolgono promozione per l’estero (in primo luogo l’ICE), può contribuire a un ulteriore slancio delle policy di supporto delle aziende italiane, ma anche di quanti dall’estero guardano con grande interesse al nostro Paese.

 
We have always worked to promote Made in Italy products abroad
Interview with Assocamerestero President, Gian Domenico Auricchio
President Auricchio, you recently took over the lead of Assocamerestero. What will you be focussing on during your presidency?
I accepted this position because I believe the network of Italian Chambers of Commerce abroad is an extraordinary platform for Italian businesses on the international markets: we are a network of 79 structures, present in 54 countries, with 140 offices thanks to the numerous delegations even further afield, with 18,000 Italian and foreign professional and business members. Every year the Chambers provide around 45 million euros in services, 80% of which are dedicated to organising business opportunities and the relative follow-ups between Italian and local businesses, with personalised assistance on how to set up partnerships and/or strengthen their presence outside Italy.
These businesses recognise the Chambers as a qualified, reliable, flexible and effective network that, thanks to these results, must continue to be valorised and promoted.
As an association, we need to push our message in both the private and public sector in Italy, promoting the Italian Chambers of Commerce abroad as an essential reference point for internationalisation even for other institutions or networks set up to promote international business, such as the associations for accountants, business consultants, banks, etc. All these networks operate in the market and could act as a channel for offering CCIE services to businesses. Being part of the Italian chamber of commerce systems, which has always supported smaller businesses, is another important strong-point for us.
As a business that exports products to 50 markets worldwide, how do you see the international scenario for Italian businesses right now?
The horizons for businesses, both in terms of geography and time, have changed like never before in recent years. It doesn’t make sense to talk about individual markets anymore; businesses have to play a role in the global market. Of course, keeping up with changes in consumer habits, culture and purchasing power requires a high degree of product personalisation and investment in the brand. This means taking a different approach to internationalisation, which is no longer an opportunity to be grasped only if circumstances are favourable, but a specific corporate choice that has to be part of a long-term strategy.
Even during the crisis, Italian manufacturing showed a strong ability to re-invent itself and conquer new areas, also thanks to the evocative power of the Made in Italy brand, which is a synonym of quality, innovation grounded in tradition, and creativity. This innovation finds its natural expression in start-ups, which are bringing new life-blood to business growth, but which often require a strong international outlook. The CCIE’s activities this year are focussing precisely on this combination of tradition and innovation.
How will these two lines of activity be at the centre of the CCIE’s activities in 2016?
As chambers of commerce, we have always worked to promote Made in Italy products: around half of our promotional activities are focussed on valorising Italian cultural heritage, food and wine. This year, however, we would like to draw attention to another aspect, protecting production and combatting products that are not Italian, but sound like they are – “Italian-sounding” products. “Fake Italian” products are worth around 60 billion euros per year in the food sector, 54 billion of which from imitating our products. We are particularly committed to this, both in developing markets for Italian products, such as the US, and in our primary markets in Europe.
Regarding innovation, however, we are working on setting up Italian-international agreements that will give space to start-ups, the number of which is constantly increasing (to date, there are more than 4,500 innovative businesses, up by 76% on 2014), allowing them to spread beyond national borders.
What projects are these, in particular?
In the 2016-17 two-year period, nine CCIEs in the US, Canada and Mexico will be leading a campaign to promote 100% Made in Italy food, sponsored by the Ministry of Economic Development with the “Valorisation and promotion of authentic Italian agri-food products” Project, run by Assocamerestero. The project aims to increase sales of “authentic Italian” products by organising incoming business events for food operators, opinion leaders and influences, promotion and training events, etc. We have invested heavily in this project, and it has some high profile partnerships and collaborations: first of all, Federalimentare, Cibus (Italy’s leading Food&Beverage trade fair, held in Parma), and AICIG, an association of 60 consortia that represent 95% of Italian products with protected geographical indication.
On a European level, the fight against “Italian-sounding” products is also at the centre of the initiative run by the CCIEs in Frankfurt and Munich, Germany, which have set up an “Italian-sounding” association to represent Italian businesses and combat violations that damage consumers. Their work has recently led to some products being withdrawn from the market.
On the theme of innovation, we are providing targeted mentoring and support services abroad for start-ups looking for partnerships with similar businesses in Europe or further afield, in order to develop opportunities for collaboration in technology or production.
What added value do you think CCIEs can bring to this field?
These initiatives show the CCIE’s distinctive mark: our strong roots abroad and business oriented approach make them a fundamental partner for consolidating the presence of Italian products worldwide, opening new paths for businesses looking to go abroad well-prepared.
The CCIE’s are therefore an asset for the country, contributing by forming relations with local business communities and the consumer trends in the international scenario. As a network, their close relations with other public sector figures promoting international trade (in particular the ICE) can help further boost the policies supporting Italian businesses, as well as international operators showing interest in our country.

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