sabato, Aprile 20, 2024
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Oltre la finanza, riscopriamo l’economia delle cose vere!

Ma conta l’economia o solo la finanza? La domanda viene leggendo le cronache di questi giorni.
Ci siamo da poco ripresi dalle continue spasmodiche sbirciate all’andamento dello spread, la misura dei differenziali di rendimento tra i titoli pubblici e quelli ritenuti più sicuri, che le cronache di questi giorni ci parlano delle impennate del Vix (il Variability IndeX) che misura la volatilità del mercato azionario (o quella che tale si ritiene) al punto tale da essere sinistramente denominato “indice della paura”. Aumenta la variabilità dello Stock Exchange e i mercati (questa ineffabile e presunta costruzione impersonale) girano il barometro dell’economia verso il brutto.

Ma come! La grande crisi del 2008 non ci aveva insegnato a guardare di più alla realtà delle cose, alle grandezze reali, sotto le quali ci sono le persone che lavorano, che producono, che consumano, che investono e che risparmiano, in altri termini c’è la vita vera? Questa volta è diverso, potremmo dire utilizzando il titolo di un volume di Carmen Reinhart e Rogoff sulla storia delle crisi finanziarie… ma non è così! Rischiamo (ancora una volta) che la storia si ripeta!

Almeno lo spread si riferiva a titoli pubblici e quindi poteva essere assunto come approssimazione della bontà del debito sovrano quale indicatore dello stato di salute di un paese, pure se sappiamo quanto fosse influenzato dalla speculazione.

Invece il Vix riguarda il mercato azionario, anzi nasce proprio osservando la speculazione come scommessa su quello che avverrà in futuro… Una sorta di roulette su quanto potrebbe accadere nei comportamenti ultra-speculativi su di un mercato (quello statunitense) dove il valore delle azioni è già pari a una volta e mezzo il Pil cioè a quello che si produce (tra l’altro prima del crollo del 2007-2008 il livello del Vix era basso… il che la dice lunga sulla sua capacità predittiva!).

Ma cosa sta accadendo nell’economia vera? C’è sostanziale unanimità nel ritenere che sia stata imboccata – dopo tanti anni – la strada di uno sviluppo decente e crescente non solo a livello mondiale, ma anche per i principali paesi europei: il Fondo Monetario Internazionale recentemente ha previsto una crescita per il 2018 di quasi il 4%. Le stesse previsioni sulla crescita del commercio mondiale, indicatore del livello di circolazione dei beni e servizi, sono improntate a un discreto ottimismo (+ 4,6%). Ma allora perché ci preoccupiamo del Vix e delle sue conseguenze?
La finanza non dovrebbe sostenere lo sviluppo? Invece sembra condizionarlo e così condiziona la vita delle persone.
Il turbo capitalismo finanziario globale degli ultimi decenni ha portato alla ribalta una società del “chi vince prende tutto”. L’aspetto angosciante è che nella saggezza convenzionale questo sta divenendo un modo usuale di guardare alle cose: la finanza speculativa va male? Allora anche l’economia deve andare male… Ma non è così: dobbiamo reagire intellettualmente e politicamente a questa impostazione, che identifica i mercati con quelli finanziari, dimenticando che molto spesso questi ultimi non sono impersonali, ma hanno il volto (nascosto) di pochi grandi speculatori che scommettono su quello che accadrà a brevissimo termine.
Quando la finanza alimenta la finanza non c’è più alcun nesso con la vita reale… l’andamento borsistico già da tempo non è un termometro della vita vera, soprattutto non può esserlo se la capitalizzazione di borsa assume valori tanto superiori a quanto viene effettivamente prodotto. Ma nei fatti… ce lo dimentichiamo!
Che possiamo fare? In primo luogo cercare di dare più peso – nella consapevolezza collettiva – a quanto facciamo veramente: la scorsa settimana sono stati diffusi i dati delle esportazioni italiane che hanno fatto segnare un ulteriore record… se vendiamo di più all’estero significa anche che i nostri prodotti sono più apprezzati e se cresciamo nelle vendite più dei nostri principali competitor europei (non solo del Regno Unito e della Spagna, ma anche della Francia e della stessa Germania) vuol dire che riusciamo a essere competitivi senza “aiutini” come la svalutazione di antica memoria, crescendo anche più di quanto fa lo stesso commercio mondiale (cioè la media di tutti gli altri paesi).
È un esempio concreto di come dovremmo avere una maggiore consapevolezza di cosa conta davvero, guardando ai numeri dell’economia e una sorta di invito ad avere un sano distacco da tutto quanto fa (solo) finanza… non creando ricchezza, ma intorbidando anche i genuini fenomeni di sviluppo.
di Gaetano Fausto Esposito – Segretario Generale di Assocamerestero
Gaetano Fausto Esposito, economista si occupa di analisi economica e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. È autore di numerosi saggi sui temi che riguardano i regimi capitalistici, l’economia finanziaria e dello sviluppo, l’economia industriale, l’analisi economico-territoriale e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. Già direttore dell’Area Studi e ricerche dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, componente dell’Unità di valutazione degli investimenti pubblici e docente di Economia applicata in diversi Atenei, attualmente insegna presso l’Università telematica Universitas mercatorum ed è Segretario Generale di Assocamerestero (l’Associazione delle Camere di Commercio Italiane all’Estero).

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