venerdì, Marzo 29, 2024
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Studio e professionalità per il Turismo delle Radici che verrà

Il Turismo delle Radici non è, o, quantomeno, non è solo folklore. Non è un turismo di nicchia. È un’opportunità, una risorsa. E questa risorsa “può voler dire tanto per il nostro Paese”, dentro e fuori lo Stivale. È un “ponte”. È un “legame” che unisce l’Italia con tutti gli italiani nel mondo. E serve sempre di più una vera e propria “professionalizzazione”, partendo dallo studio del fenomeno, passando per il coinvolgimento di tutti gli attori in campo (dunque anche degli italiani all’estero) e arrivando agli operatori del settore e al sostegno politico. Il tutto anche “aumentando i finanziamenti” destinati al progetto.
È quanto affermato dai deputati del Pd eletti nelle 4 circoscrizioni estere, Fabio Porta, Toni Ricciardi, Nicola Carè e Christian Di Sanzo, durante il dibattito sul Turismo delle Radici che ha avuto luogo oggi in Sala Matteotti, alla Camera dei Deputati, Roma, in occasione della presentazione della ricerca “Scoprirsi italiani – I viaggi delle radici in Italia”, realizzata da 4 profondi conoscitori della materia, 4 ricercatori di diverse enti e università, Marina Gabrieli, Riccardo Giumelli, Delfina Licata e Giuseppe Sommario. Tre dei quali presenti oggi per la presentazione assieme ai deputati dem e al responsabile del Progetto “Turismo delle radici” del MAECI, Giovanni Maria De Vita, al direttore di Rai Italia, Fabrizio Ferragni, e al coordinatore delle Consulte regionali presso il CGIE, Luigi Scaglione. A moderare i lavori Gianni Lattanzio, direttore editoriale della rivista online MeridianoItalia.tv.
La presentazione è stata suddivisa in 3 fasi: la prima ha visto protagoniste le parole dei 4 esponenti politici; la seconda ha visto gli interventi di De Vita, Ferragni e Scaglione; la terza la presentazione del lavoro svolto dai ricercatori.
PRIMO PANEL
Per primo, ha parlato l’On. Fabio Porta, promotore dell’iniziativa, che ha spiegato come il Turismo delle Radici rappresenti un progetto che “dà importanza concreta a quella risorsa che sono gli italiani all’estero e gli italici in senso generale”; “un progetto che ha un grande potenziale positivo”. E la ricerca presentata oggi, “Scoprirsi italiani”, in questo senso dona “una base seria al progetto”. È “una ricerca”, anzi, “una riflessione a tutto tondo che serve per capire il valore delle comunità italiane nel mondo. Anche per capirne le criticità verso il 2024, l’Anno del Turismo delle Radici”. “Tante cose si possono e si devono migliorare, anche politicamente – ha aggiunto Porta -. E le segnaleremo al governo. Anche perché non vogliamo banalizzare il Turismo delle Radici, che non è una questione folkloristica ma qualcosa di fondamentale per il nostro Paese, una risorsa da valorizzare”.
Ha preso parola poi l’On. Toni Ricciardi che, per prima cosa, si è complimentato con i 4 ricercatori che hanno realizzato un lavoro su una materia in cui “sono molto ferrati”. Il turismo delle radici, infatti, “non è un turismo di nicchia”, secondo Ricciardi. “L’emigrazione di ieri è stata un’emigrazione di provincia e questo ci colloca nel riscoprire delle identità abbandonate”. Non è un caso, secondo il deputato dem eletto in Europa, che ci sia più “residuo dialettale e più conservazione delle ricette dei piatti tipici negli italiani all’estero che non nei luoghi spopolati d’Italia”. A tal ragione, questo progetto può anche “far recuperare queste peculiarità nostrane”.
Nel modo di vedere di Ricciardi, “il Turismo delle Radici è un mondo”, e questo mondo “va professionalizzato, elevando skills, trovando strumenti migliori e moltiplicando il budget, magari individuando 4 o 5 micro realtà e sperimentando con loro l’organizzazione di eventi a tutto tondo”. Insomma, “creando una standardizzazione del turismo per avere un’accoglienza dei turisti delle radici che non deve essere mai improvvisata, anche e soprattutto nei piccoli borghi”. Ricciardi ha concluso il suo intervento ribadendo la “massima disponibilità” da parte sua e degli eletti all’estero Pd, “lavorando di squadra, creando un modello e utilizzando adeguatamente le risorse per affrontare questa sfida”. Ma, per chiudere, ha voluto sottolineare l’importanza di, a suo modo di vedere, “innalzare (almeno di 10 volte, addirittura) i finanziamenti per il progetto”.
È stata poi la volta dell’On. Di Sanzo, secondo il quale il “Turismo delle Radici rappresenta un legame tra Italia e italiani all’estero”. E questo legame, nella visione manageriale del deputato, “è una business opportunity che non dobbiamo perdere”. “Da anni si parla di turismo di ritorno ma non è mai stato così strutturato come lo è oggi”. Proprio per questo, secondo Di Sanzo, è importante intenderlo adesso anche e soprattutto “dal punto di vista del business”. “Dobbiamo studiare bene la comunicazione, coinvolgendo le realtà business in Italia e nel mondo, creando un ponte che ampli le opportunità e sia a tutti gli effetti un rilancio per il nostro Paese”. Il “MAECI già supporta diversi enti e associazioni. Dobbiamo capire come coinvolgerli perché possano essere veicoli di promozione e di informazioni chiave e che possano arrivare agli italo-discendenti, risvegliando gli interessi verso l’Italia”.
Anche il deputato eletto in Australia, Nicola Carè, all’inizio del suo intervento ha evidenziato come “all’estero si ami ancora questo Paese”, sottolineando però, allo stesso tempo, come “in questo Paese non si riconosca il valore degli italiani all’estero”. Ed è proprio per questa ragione che il progetto Turismo delle Radici è così “importante”. Anche Carè, come fatto dagli altri esponenti politici nei loro interventi, ha voluto ringraziare il consigliere d’Ambasciata nonché responsabile del progetto, Giovanni Maria De Vita: “anche se va migliorato, è importante che sia partito questo progetto”. Dal canto suo, il deputato eletto in Australia ha voluto garantire che “le persone che si trovano all’estero hanno un ruolo importantissimo per l’Italia” e potranno averlo anche in quantità maggiore se si riuscirà a includerli bene in questo progetto. “Possono sensibilizzare tanto la platea nuova a cui si riferisce il Turismo delle Radici, ma anche per mantenere e rinforzare la relazione tra italiani nel mondo e Italia”. Il Turismo delle Radici mira infatti “a valorizzare le economie, a contrastare lo spopolamento e ad aiutare il Paese anche in quella parte del Paese extra mainstream. E per farlo – ha concluso Carè – bisogna lavorare sulla comunicazione, sia in Italia che all’estero, perché le comunità all’estero sono assai diverse tra loro. E per uniformare la comunicazione è importante fare partecipi le associazioni all’estero che hanno il polso del Paese dove risiedono. E fare partecipi le comunità significa farle diventare partecipi nell’essenza del progetto, aggiustando anche i problemi burocratici”.
SECONDO PANEL
A seguire, ha avuto luogo la seconda fase della conferenza inaugurata dal Consigliere Giovanni Maria De Vita, che ha portato anche i saluti di Luigi Maria Vignali, DG della Direzione Generale per gli Italiani all’Estero della Farnesina. De Vita, ha tenuto a iniziare il suo intervento tracciando la genesi del progetto. Un progetto che “non è mai stato calato dall’alto: è sorto dagli stimoli del Tavolo Tecnico sul Turismo delle Radici; è nato dopo aver raccolto le volontà dei territori italiani e dalle aspettative degli italiani all’estero proprio nel tavolo tecnico, che all’inizio contava 44 membri e che ora ne conta oltre 280”. Il progetto è nato dunque da “territori e italiani all’estero” che “volevano affermare le loro identità, risalire alle proprie origini, continuare ad avere un legame con l’Italia, che è un sentimento che caratterizza tante persone”. Proprio dagli stimoli del tavolo tecnico “è stato possibile chiedere fondi europei. Durante le discussioni ci siamo chiesti: “perché non provare?”. È chiaro che avremmo voluto disporre di più fondi, ma resta il fatto che i fondi che abbiamo a disposizione non sono pochi”. De Vita ha poi voluto sottolineare che questo “continua ad essere un progetto consultivo”, e si è altresì augurato “che possa essere un progetto che funga per altri stimoli in termini di investimenti reali sul territorio e sul turismo italiani”. Anche e soprattutto perché “quello che facciamo è proprio un investimento, professionalizzando e facendo crescere persone che saranno poi in grado di dare ai turisti delle radici un’accoglienza adeguatamente emotiva, fattore che questi turisti, che sono turisti particolari, cercano”.
Obiettivo in pectore” esposto dal Responsabile del Progetto è quello di “avere l’occasione di essere un ponte, perché gli italiani all’estero, a mio modo di vedere, possono essere più dei partner strategici che degli Ambasciatori. E queste opportunità si possono avere solo attraverso la conoscenza. Ma è importante che la conoscenza sia condivisa”.
“Questo è un progetto pilota – ha ricordato ancora De Vita -, anche per la metodologia di come lo si sta portando avanti, perché il tutto è un percorso pensato e costituito per essere fatto insieme, congiuntamente. È la prima volta che si crea una rete di operatori transregionale, che si sta professionalizzando e che stiamo sperimentando. Siamo convinti che sarà di successo. Le difficoltà non ci spaventano. Contiamo sull’appoggio del Parlamento anche per dare un seguito operativo”. Anche per questa ragione “siamo contenti della ricerca che viene presentata oggi, la quale neanche lei è stata calata dall’alto. La abbiamo supportata perché per noi rappresenta un interesse. Il progetto Turismo delle Radici è inclusivo, e alcune Regioni hanno risposto bene, altre con più freddezza. Ma per noi – ha assicurato in conclusione De Vita – l’interlocuzione è fondamentale”, anche in virtù del fatto che “vorremmo mettere insieme, oltre ai fondi del Pnrr, anche i fondi destinati alla promozione turistica delle Regioni. Faremo ulteriori incontri in tal senso”.
Ha poi preso parola anche Luigi Scaglione, in qualità di coordinatore delle Consulte regionali del CGIE: “di Turismo delle Radici se ne parla da anni. Ora stiamo creando una rete di rapporti tra MAECI, politica e mondo degli italiani all’estero”. Secondo l’esponente del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, “da questo lavoro emerge un’esigenza di legare un contesto globale, concentrandosi però sulle attività territoriali”. E inoltre, “da questo progetto può nascere una speranza per i piccoli borghi, contro lo spopolamento e per la restanza”. Quello che si augura Scaglione dal Progetto è che non solo il 2024, Anno del Turismo delle Radici, sia un anno importante, ma che “possa costruire un ponte per gli anni avvenire, sennò non avremo ottenuto niente se non consumare un po’ di risorse”. Infine, Scaglione ha voluto anche rimarcare una problematica, ossia “il rapporto diretto con le Regioni”, alcune delle quali “stanno mettendo un muro” anche se sono degli elementi chiave per la riuscita di un progetto di lunga durata.
Di comunicazione, chiaramente, ha parlato il direttore di Rai Italia, Fabrizio Ferragni: “abbiamo anche noi delle difficoltà a capire come comunicare. Stiamo cercando di essere una cabina di regia ma nel frattempo siamo andati avanti per comunicare con gli italiani all’estero attraverso i nostri canali, dove ci sono corsi di lingua per bambini, per adulti, Tg italiani in inglese e altro ancora. In più abbiamo una rete di filmmaker che raccontano di italiani nel mondo. Delle 1300 ore di contenuti per italiani all’estero, infatti, 350 ore sono in inglese”. Per la buona riuscita del progetto è assai importante, secondo Ferragni, “fare sistema, così come avere una cabina di regia forte. Siamo attenti e disponibili per fare vedere cosa state realizzando in questo ambito”, ha assicurato.
TERZO PANEL
Il terzo ed ultimo panel è stato dedicato alla presentazione della ricerca. Una ricerca curata da Marina Gabrieli, Riccardo Giumelli, Delfina Licata e Giuseppe Sommario. 4 ricercatori molto competenti in materia che hanno presentato il volume che vede, oltre a un’intervista esclusiva a Vito Teti, professore ordinario di Antropologia culturale all’Università della Calabria, le prefazioni del DG Vignali, del responsabile del progetto Giovanni Maria De Vita e di Claudio Visentin, accademico italiano in Svizzera ed esperto in materia.
I tre ricercatori hanno voluto tutti ringraziare il MAECI, specie per la “libertà” della quale hanno goduto durante la stesura di questa ricerca per la quale ci sono voluti anni. È una “ricerca imponente che parte da lontano”, ha spiegato Sommario. E non solo parte da lontano, ma “parte da una passione che tutti e 4 coltiviamo e per la quale ci siamo messi in comune portando le nostre esperienze e le nostre professionalità riguardanti l’emigrazione italiana”.
La ricerca si è svolta infatti in oltre 2 anni. Protagonista assoluto per la ricerca – e dunque caposaldo anche per le conclusioni – è stato il questionario, tradotto in 6 diverse lingue e completato online da oltre 10 mila italiani nel mondo (quasi 36 mila gli ingressi al link). Il questionario, che prevedeva 50 domande, è stato portato a termine principalmente da italiani residenti nelle Americhe e in Australia. “Un’opera – ha aggiunto ancora Sommario – che è stata una cavalcata plurale. Tra chiamate zoom, webinar e viaggi in loco, possiamo dire di aver riscontrato una sete enorme di Italia. Una lealtà mai sopita neanche dalle terze o quarte generazioni verso il Paese d’origine”.
Il lavoro di ricerca, come spiegato da Delfina Licata, vuole capire chi sono gli italiani nel mondo, le motivazioni che li hanno spinti ad andarsene e le motivazioni per le quali tornerebbero o quelle per cui si sentono ancora legati all’Italia. E proprio la ricercatrice ha proposto un superamento lessicale ma anche sostanziale, ossia la definizione di “turismo migratorio” come accezione unica per tutte le peculiarità del turismo delle radici. Ma questi dati (oltre 100 mila, come spiegato da Riccardo Giumelli), sono sì importanti per l’oggi, ma lo potranno essere anche per il domani in quanto “possono essere rivisti”. Specie perché i dati ricevuti provengono da italiani di origine di tutte le regioni italiane e tantissimi comuni diversi. È un primo grande passo, questa ricerca, per studiare al meglio l’emigrazione e la rientranza, che in “Italia sono poche, rispetto alle ricerche scozzesi e irlandesi”.
Insomma, una conferenza, quella di oggi, e una ricerca, che resterà utile per gli anni a venire, che si pongono come obiettivo quello di mettere un’altra pietra verso una struttura sempre più definita, professionale e politicamente sostenuta del Turismo delle Radici. (luca.matteuzzi\aise)

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