giovedì, Marzo 28, 2024
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Esistono ancora i mercati?

Mercati! Inserendo in Google la parola market escono oltre 2,4 miliardi di citazioni, una testimonianza eloquente del rilievo di questa istituzione. Citati a proposito ed a sproposito quasi fossero una sorta di metro per distinguere cosa va e serve da cosa non va e non serve!
“Ce lo chiedono i mercati”… “Cosa diranno i mercati”…”Vediamo che succede sui mercati”… “I mercati hanno la loro razionalità”, tutte espressioni tratte dalla nostra vita quotidiana quasi come un mantra ripetuto all’infinito su qualsiasi argomento.
Nell’immaginario collettivo i mercati sono impersonali, mettono insieme prezzi e quantità (molto più raramente qualità) e alla fine dovrebbero rappresentare il giudice imparziale di qualsiasi cosa. Imparziale perché impersonale, un modo per realizzare una sorta di razionalità collettiva. Almeno questa era la visione di uno dei padri del moderno liberalismo come Friedrich von Hayek, per il quale l’aspetto nobile dei mercati era quello di consentire di affrontare “il problema economico della società, che è sempre un viaggio di esplorazione dell’ignoto, un tentativo di scoprire nuovi modi di fare le cose”.
Ma esistono ancora i mercati? Domanda provocatoria, ma che assume un valore sempre più pregnante oggi, dinanzi all’affermarsi di piattaforme di “e-business” complesse, invadenti e… personalizzate, che hanno già cambiato nella sostanza le regole di funzionamento della nostra economia senza che i più se ne siano accorti.
La rete digitale – si sa – mutua concetti del nostro vissuto quotidiano. Li mutua ma ne stravolge profondamente il significato, al punto che molto spesso la sostanza acquista un valore contrario al senso originario.
Ci diamo “amicizia” su Facebook, ma con un significato epidermico e formale che molto poco ha a che vedere con la ricchezza e la complessità del termine; facciamo parte di comunità (virtuali) che però niente hanno in comune con il senso effettivo di un vivere esperienze vere di condivisione di senso e di valori, e così via.
La rete ha un forte valore trasformativo, trasforma per correlato semantico processi solitari (e spesso di solitudine) in fenomeni social… ma che poco hanno a che vedere col sociale vero. Nel caso dei marketplaces la trasformazione è ancora più pervasiva.
“Liberi di scegliere” era il titolo di un bestseller di Milton e Rose Friedman di alcuni decenni fa, dove venivano esaltati i valori di libertà consentiti da un continuo ricorso ai processi di mercato. Gli anni Ottanta – quelli in cui il volume è stato scritto – hanno in effetti segnato l’avvio dell’affermazione delle idee liberiste che si sono riflesse nel turbo capitalismo americano ed anglosassone che ha condotto, insieme alla finanziarizzazione, alla più grave crisi dal dopoguerra.
Vale ancora oggi? Ci sembra che questa libertà sia una facciata dietro la quale si potrebbero nascondere fenomeni di concentrazione e induzione.
Guardiamo Amazon e Ali Baba, due piattaforme di riferimento, che di fatto riassumono in loro le caratteristiche del mercato, anzi di tanti mercati! Per esempio, che cosa è Amazon? All’inizio una libreria online, ma oggi è molto, molto di più… un operatore del settore retail, un operatore logistico e dell’elettronica, un soggetto della nuova finanza online… un fornitore di servizi eCloud o del campo dell’entertainment? Con una capitalizzazione pari a quasi 750 miliardi di dollari, per avere un’idea circa il 40% del Pil italiano di un anno.
Ma i casi dei colossi dell’e-business rischiano di circoscrivere la questione al solo (pur rilevante) tema del monopolio di alcuni servizi. C’è però molto di più, come abbiamo recentemente scritto in un volumetto con Fabrizio Bellavista (“Io tu noi gli altri”): tutte le piattaforme digitali di supporto al business – anche quelle più specializzate e meno “appariscenti” – stanno cambiando – e in molti casi lo hanno già fatto – il principio tipico del mercato, che è quello di consentire apertura e possibilità di scelta. Dietro la possibilità di aumentare i confronti tra beni e servizi queste piattaforme cambiano il valore segnaletico del prezzo che diviene il risultato (spesso orientato) di un processo della collazione di un’enorme mole di dati sulle persone, i comportamenti di acquisto, i loro gusti e quant’altro sugli atteggiamenti dei produttori. Il prezzo non è più un elemento informativo per orientare le scelte (di produzione e/o di consumo) ma si “costruisce” a valle di un processo in cui i dati vengono da altre fonti, quelle concentrate dal gestore della piattaforma, che li fa convergere sulla sua piattaforma. Il vero prodotto di una piattaforma sono infatti le relazioni che riesce ad attivare, le informazioni di cui viene in possesso per profilare gli utenti con un utilizzo a scopo promozionale. Facebook, Google e Alibaba da sole raccolgono la metà della pubblicità a livello mondiale.
Il mercato nasce come un potente fattore di apertura, già oggi però i principali player a livello mondiale stanno dando vita a piattaforme “silo”, in cui si cercano di vincolare gli utenti e i dati all’utilizzo della stessa piattaforma, aggiungendovi servizi e cercando di evitare l’utilizzo di alternative.
Non è che continuando a invocare i pregi del mercato (anche quando non ci sono) non ci siamo accorti che ormai – in molti casi – si tratta di un concetto già superato?
di Gaetano Fausto Esposito – Segretario Generale di Assocamerestero
Gaetano Fausto Esposito, economista si occupa di analisi economica e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. È autore di numerosi saggi sui temi che riguardano i regimi capitalistici, l’economia finanziaria e dello sviluppo, l’economia industriale, l’analisi economico-territoriale e dei processi di internazionalizzazione delle imprese. Già direttore dell’Area Studi e ricerche dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, componente dell’Unità di valutazione degli investimenti pubblici e docente di Economia applicata in diversi Atenei, attualmente insegna presso l’Università telematica Universitas mercatorum ed è Segretario Generale di Assocamerestero (l’Associazione delle Camere di Commercio Italiane all’Estero).

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