Al Quirinale consegnate le onorificenze dell’Ordine “Al Merito del Lavoro” ai Cavalieri nominati il 2 giugno 2023

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Si è svolta, al Palazzo del Quirinale, la cerimonia di consegna delle onorificenze dell’Ordine “Al Merito del Lavoro” ai Cavalieri nominati il 2 giugno 2023.
Hanno preso la parola il Presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, Maurizio Sella e il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Erano presenti il Presidente del Senato della Repubblica, Ignazio La Russa, il Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, rappresentanti del Governo, del Parlamento e del mondo dell’imprenditoria. In precedenza il Presidente Mattarella aveva consegnato il distintivo d’oro ai Cavalieri del Lavoro che appartengono all’Ordine da 25 anni.

Il Presidente della Repubblica, dopo aver consegnato le insegne ai Cavalieri del Lavoro e gli attestati d’onore ai nuovi Alfieri del Lavoro, ha pronunciato un discorso.

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Rivolgo un saluto ai nuovi Cavalieri del lavoro e, con loro, al Presidente Sella.

Benvenuti al Quirinale.

Ringrazio della loro presenza il Presidente del Senato e il Presidente della Camera dei Deputati.

Ringrazio il Ministro Urso.

Un saluto e un benvenuto agli Alfieri e a tutti i presenti.

Rinnovo le congratulazioni ai Cavalieri del lavoro che hanno appena ricevuto le insegne e a coloro che hanno conseguito questo prestigioso riconoscimento venticinque anni addietro.

Il messaggio che proviene, ogni anno, da questa cerimonia è strettamente connesso con il carattere della nostra Repubblica.

Perché la Repubblica ha scelto di porre, solennemente, a suo fondamento – a fondamento della Costituzione – il lavoro.

Esprimendo così  una convinzione e una constatazione. Che il lavoro, nelle sue diverse e plurali declinazioni, sia l’attività che concorre al progresso materiale e spirituale della società.

È tema che si connette, direttamente, a quello dell’essere cittadini, della cittadinanza.

L’art. 4 della Costituzione è quello che descrive, meglio di ogni altro, ciò di cui parliamo.

I cittadini sono titolari di diritti e di doveri.

Tra questi il diritto al lavoro, e l’impegno costituzionale – sottolineato con un apposito articolo –  chiama a promuovere le condizioni per renderlo effettivo.

Titolarità di un diritto dunque e, insieme, attribuzione di un dovere: quello di svolgere un’attività o una funzione che, appunto, concorra alla crescita materiale o spirituale della società.

Una simmetria tra diritti e doveri dell’essere cittadini che troviamo in molte parti della Carta – a partire dai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale – sino all’art.53 sul dovere di ciascuno di concorrere alle spese pubbliche in ragione della sua capacità contributiva.

Vi è un forte collegamento tra il carattere liberale e democratico della nostra Costituzione e la scelta di fondare la Repubblica sul lavoro.

Il valore del lavoro – accanto ai numerosi articoli in cui viene richiamato – all’art. 41 ci indica come l’iniziativa economica privata sia libera, stabilendo, anche qui, un preciso collegamento e affermando il principio che, attraverso di essa, si esprime anche il diritto/dovere al lavoro, concorrendo al progresso della società.

Ecco il fondamento del vostro essere qui stamane.

Voi siete tutti testimoni della capacità del Paese di raggiungere traguardi d’eccellenza, di saper innovare con creatività e coraggio, di competere sui mercati offrendo alta qualità, di creare lavoro, contribuendo alla crescita sociale.

E la crescita, la coesione della società guarda al futuro.

Mi congratulo anche con i giovani Alfieri. Hanno ottenuto nei loro percorsi di studi le valutazioni più elevate. Non bastano doti personali e l’impegno per conseguire alti traguardi: è necessaria anche la passione. Sentimento che – vi auguro – non vi abbandoni mai.

Questa cerimonia – con la presenza degli Alfieri – reca il segno di un’alleanza generazionale.

Perché chi ottiene di più sa di dover avvertire su di sé una maggiore responsabilità nel promuovere il benessere complessivo della comunità in cui vive.

L’avanzamento della società non è mai la risultante esclusiva di decisioni assunte dai governi pro-tempore, ai vari livelli istituzionali.

A delineare il modello sociale, e la concreta qualità del vivere, sono prima di tutto le soggettività e le forze che compongono la società, che animano la sua economia, che interpretano ed elaborano la sua cultura, la sua etica civile.

Insomma – riprendo un tema ricordato dal Presidente Maurizio Sella – è il capitale sociale di un Paese la prima fonte di energia.

E le imprese – con il lavoro, le competenze, le tecnologie che valorizzano – ne sono parte rilevante, partecipano a pieno titolo alla dirigenza di un Paese.

Concorrono a indicare il senso di marcia.

Muovono interessi e ne creano di nuovi.

Aprono frontiere, mettono in movimento persone, incidono su luoghi e territori.

Il valore sociale dell’attività economica delle imprese, ha acquisito significati ancora più profondi in tempo di mercati globali e di interdipendenza.

Il valore sociale passa – come prescrive la Costituzione – dal necessario rispetto della dignità del lavoro, della sua sicurezza, della tutela della salute, dell’ambiente, dell’insieme dei diritti sociali; e il valore che le imprese esprimono si amplia ulteriormente per il loro carattere di moltiplicatore delle opportunità, per le conoscenze che trasmettono, per le innovazioni che migliorano produzioni e prodotti, arricchiscono le condizioni di vita comune.

Le imprese sanno bene come la sfida europea non sia altro da noi. Come l’Italia non sia un passeggero del treno Europa del quale controllare i titoli di viaggio, ma ne sia uno dei conduttori, un artefice insostituibile.

La capacità di indirizzare le risorse verso obiettivi strategici comuni, il potenziamento delle filiere europee del valore sono fatti ed esperienze quotidiane dell’attività di governo e sono essenziali per affrontare le turbolenze, le sfide odierne che il Ministro Urso poc’anzi richiamava.

Se l’Europa, talvolta, stenta a dispiegare la forza del suo insieme, la sua massa critica di risorse materiali e morali, di tecnologia e di creatività, di civiltà e di capacità, ciò è dovuto a una costruzione ancora incompleta, all’attardarsi in polemiche sterili sulla necessità di essere coesi e tempestivi, e non lenti e separati, a fronte dei problemi.

La storia ci chiama a un’ora di responsabilità.

L’aggressione russa all’Ucraina, il barbaro attacco di Hamas contro Israele, la spirale di violenze che si è perseguita, la destabilizzazione che rischia di coinvolgere l’intero Medio Oriente – per restare soltanto nell’area del Mediterraneo allargato – reclamano un’Europa capace di esercitare la propria positiva influenza.

Un Continente capace di testimoniare con convinzione i propri valori di pace, di cooperazione, di rispetto dei diritti delle persone e dei popoli.

L’Europa si è data traguardi ambiziosi, punta a divenire il Continente più verde, più sostenibile, più equo anche sul piano sociale, dandosi il 2050 come traguardo per la neutralità climatica.

È una sfida che il sistema produttivo italiano ha già raccolto, consapevole che le ricadute positive riguarderanno tutti e ciascuno, con l’ambizione di essere alla testa dei processi di innovazione e non fra coloro che si attardano con lo sguardo rivolto all’indietro.

Una recente indagine dell’Istat ha rilevato che, nel 2023, le pratiche e le azioni di sostenibilità, promosse dalle imprese, sono in crescita. Tanto sul piano della tutela ambientale e degli standard ecologici delle produzioni, quanto sul piano della responsabilità sociale, attraverso investimenti in sicurezza, in welfare aziendali, in miglioramento dei luoghi di lavoro. Segnali incoraggianti, che indicano una direzione.

Crescita, coesione sociale, equilibrio ambientale, qualità del lavoro sono tra loro strettamente connessi. Laddove crescessero diseguaglianze, emarginazioni, povertà, sarebbe l’intera società a fare un passo indietro.

L’accelerazione tecnologica, il progresso digitale, la robotica, l’intelligenza artificiale stanno portando sfide nuove al lavoro.

Ci saranno cambiamenti da affrontare.

L’Unione europea si è posta il tema di rendere “giusta” la transizione con interventi pubblici adeguati, ma ha voluto anche dotarsi dell’ambizione di guardare all’innovazione traducendola in una solida base industriale.

È il caso del Chips Act con cui si propone di portare la produzione di chip e semiconduttori al 20% di quella mondiale, con investimenti che puntano a oltre 100 miliardi di euro.

Vi è bisogno di eccellenze quindi: aiutano il Paese. Ancora di più se riescono a fare sistema.

Se l’Italia intermedia – territoriale, sociale, imprenditoriale – sa colmare i vuoti, cancellare le distanze, far marciare l’innovazione, l’integrazione, la sostenibilità.

È il futuro da costruire insieme. L’orizzonte comune europeo.

La Repubblica vi è riconoscente per quanto avete realizzato e per quanto continuerete a fare.

Le esperienze positive che oggi celebriamo – le vostre – ci incoraggiano ad avere fiducia nel futuro dell’Italia. 

Grazie.