mercoledì, Maggio 1, 2024
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ENEA sviluppa un innovativo processo di recupero di ‘petrolio’ dalla plastica marina recuperata”

Un gruppo di ricercatori dell’ENEA ha sviluppato con successo un processo per la conversione di oltre il 90% della plastica recuperata dal mare e dalle spiagge in un nuovo tipo di “petrolio”.
Questo “petrolio” può essere utilizzato come fonte di combustibile o come materia prima per la produzione di nuovi prodotti come plastiche, vernici, solventi e composti organici. Questa innovativa iniziativa è stata realizzata all’interno del progetto europeo interregionale Italia-Croazia chiamato “NETWAP,” il quale si concentra sulla riduzione e la gestione innovativa dei rifiuti. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica online “ACS Sustainable Chemistry & Engineering,” affiliata all’American Chemical Society.

Il processo impiegato da questi ricercatori si basa sulla pirolisi termo-chimica. Questa tecnica comporta il riscaldamento dei campioni di plastica raccolta in mare a temperature superiori a 400°C e in assenza di ossigeno, risultando nella decomposizione del materiale plastico in olio e gas ricchi di idrocarburi. Questi prodotti possono essere sfruttati per la produzione di nuovi combustibili e prodotti chimici. Inoltre, per migliorare ulteriormente la resa e la qualità di questo processo, è stato impiegato un catalizzatore ottenuto dalle ceneri prodotte durante la gassificazione e la combustione del carbone. Questo approccio è particolarmente significativo poiché le ceneri, considerate rifiuti industriali con una produzione annua di circa 1 miliardo di tonnellate a livello mondiale, sono spesso considerate una fonte potenziale di inquinamento ambientale. Tuttavia, l’utilizzo di queste ceneri per la sintesi di catalizzatori può rappresentare un passo verso la sostenibilità nei processi produttivi.

Il campione di plastica oggetto dello studio è stato efficacemente trasformato in idrocarburi di alto valore economico, con circa l’87% che è stato convertito in olio leggero e l’8% in forma di gas. Inoltre, i gas prodotti durante il trattamento termo-chimico sono stati più che sufficienti per soddisfare le esigenze energetiche del processo, mantenendo una temperatura di 450°C.

La raccolta e il riciclo meccanico della plastica proveniente dal mare e dalle spiagge rappresentano una sfida maggiore rispetto ai rifiuti urbani. Ciò è dovuto alla varietà di materiali presenti, alla presenza di impurità come sabbia, sale, conchiglie, alghe e ai processi di degradazione subiti a causa dell’esposizione alla radiazione solare. Di conseguenza, il riciclo meccanico è un compito complicato, mentre la pirolisi catalitica si presenta come un’opzione valida in grado di gestire grandi quantità di rifiuti marini altamente diversificati e non trattati.

Da un’indagine recente emerge che nessuna delle oltre 100 piccole e medie imprese che operano nel trattamento dei rifiuti plastici marini a livello globale ha adottato la tecnologia della pirolisi. Tuttavia, nel prossimo futuro, l’installazione di piccoli impianti di pirolisi nei porti potrebbe consentire la produzione di carburante a partire dalla plastica recuperata in mare.

La direttiva europea relativa agli imballaggi e ai rifiuti di imballaggio ha fissato obiettivi ambiziosi per il riciclaggio della plastica, con una percentuale del 50% entro il 2025 e del 55% entro il 2030. Inoltre, è stato lanciato un piano d’azione sull’economia circolare per promuovere il riciclo, con particolare attenzione ai rifiuti plastici e all’obiettivo di prevenire e ridurre l’impatto ambientale dei prodotti in plastica monouso. Tuttavia, il rapporto del 2022 di Plastics Europe, l’associazione europea che rappresenta oltre il 90% dei produttori di polimeri nel mercato, ha evidenziato che la produzione globale di plastica è aumentata costantemente fino al 2019, raggiungendo 368 milioni di tonnellate.

Gran parte di questa plastica viene utilizzata per imballaggi monouso, che diventano rapidamente rifiuti. Purtroppo, i rifiuti plastici spesso vengono smaltiti in modo inadeguato, causando gravi problemi ambientali. Secondo l’UNESCO, tra 8 e 10 milioni di tonnellate di materiali plastici finiscono nell’oceano, costituendo fino all’80% del cosiddetto “marine litter” (rifiuti marini). La maggior parte di questi rifiuti si accumula sul fondo dell’oceano (70%), mentre il resto rimane sulle coste (15%) e sulla superficie dell’acqua (15%).

Ivo Blandina

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