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Il “Made in Italy” torna a casa. 32 aziende hanno riiniziato la produzione in Italia dal 2014 al 2017

Le delocalizzazioni non funzionano più, le imprese riportano a casa le produzioni: maggiore qualità della manodopera, effetto Made in, meno costi legati a trasporti e logistica e più controlli su tutta la filiera. Caratteristiche che spingono le imprese italiane a tornare.
L’Annual Report 2017 dello European Monitor of Reshoring) censisce 165 casi di reshoring tra il 2014 e la fine del 2017, che vedono protagoniste le aziende europee. Tra queste, quelle italiane sono 32. Le aree del Paese più interessate dal fenomeno – cioè le regioni del Nord Est – sono le stesse che anni fa erano state colpite dal processo inverso, quello delle delocalizzazioni produttive.
Secondo il rapporto “Economia e finanza dei distretti industriali” del centro Studi e ricerche di Intesa San Paolo, i casi di rimpatrio o potenziamento produttivo più noti avvenuti negli anni scorsi hanno riguardato parecchi marchi della moda, come Louis Vuitton, Prada, Ferragamo, Ermenegildo Zegna, Bottega Veneta, Geox e Benetton e aziende produttrici di borse e valigie come Piquadro e Nannini. Proprio l’abbigliamento e gli articoli in pelle figurano ai primi posti (subito prima dei computer e dei prodotti di elettronica e ottica) della classifica dei settori interessati dalle operazioni di back reshoring collezionate nella banca dati Uni-Club MoRe reshoring.
Ma stanno riportando a casa le produzioni anche altre grandi e medie aziende, soprattutto del Nord Est. Nel distretto degli occhiali del Bellunese (quello che secondo Intesa San Paolo registra le migliori performance reddituali) il gruppo Safilo sta concretizzando il piano industriale 2020, un investimento da 60 milioni di euro, che ha l’obiettivo di riportare in Italia il 70% della produzione degli occhiali e dei suoi componenti. L’azienda vicentina Masters, uno dei leader mondiali nella produzione di bastoncini da sci e trekking, sta rimpatriando la fase di lavorazione dei tubi in alluminio delocalizzata in Cina. L’impresa reggiana Vimec (montascale e ascensori) ha rilocalizzato nel suo distretto emiliano della meccanica la linea di montascale mobili delocalizzata anni fa nel Guangdong. Nel modernissimo stabilimento della bolognese Five è partita la lavorazione delle biciclette elettriche destinata a rimpiazzare quelle prodotte a Shangai. Anche la trevigiana Stefanel ha in programma un parziale rientro in Italia delle produzioni, per ridurre significativamente il peso dei fornitori cinesi. E Diadora pianifica di riportare dall’Estremo Oriente in Veneto almeno il 10% della sua produzione di scarpe e abbigliamento sportivo entro i prossimi tre anni. Insomma il “Made in Italy” torna a casa.
 

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