venerdì, Aprile 26, 2024
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Italia e Cina, una partnership da ricalibrare

Gli investimenti produttivi cinesi trovano, e troveranno, nel nostro Paese una destinazione sicura e un clima incoraggiante
di Carlo Capria, Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica
In questa frase – semplice e chiara – può essere riassunto il senso della visita di Stato che ha portato il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, nella Repubblica Popolare Cinese alla fine di febbraio. In tale occasione è stato inoltre tenuto a battesimo il FORUM CULTURALE con i neo copresidenti Francesco Rutelli e Din Wei, vice Ministro della cultura. A favorire una più stretta collaborazione economica e commerciale, auspicata da entrambe le parti, vi è certamente il sentimento di forte e reciproco rispetto culturale che il Presidente Cinese Xi Jinping ha infatti tenuto a rimarcare: “Italia e Cina sono due civiltà millenarie che da sempre si affascinano e rispettano reciprocamente”.
La storia insegna: Cina e Italia sono due paesi di antica civiltà, legati da una lunga storia di scambi e profonda amicizia. 2000 anni fa, la via della seta che collegava l’Asia e l’Europa avvicinava Cina ed Antica Roma, favorendo costanti scambi commerciali e culturali. In seguito i nostri legami si sono rafforzati grazie a Marco Polo e Matteo Ricci, ambasciatori culturali che hanno lasciato testimonianze impressionanti nella storia degli scambi bilaterali e che hanno creato il ponte della amicizia tra Cina e Italia. 45 anni fa, Cina e Italia, hanno stabilito le relazioni diplomatiche, creando una nuova pagina delle relazioni sino-italiane.
In questo ventunesimo secolo, l’Italia è il punto finale e di incontro della via della seta e la via marittima della seta. Cina e Italia devono sfruttare i vantaggi e le opportunità di cooperazione nel settore del commercio, degli investimenti, dell’alta tecnologia, degli scambi culturali e personali, dei governi locali, favorendo la connettività e la liberalizzazione degli scambi nel continente euroasiatico, al fine di realizzare reciproci vantaggi.
La Cina ed i cinesi nutrono infatti una ammirazione sincera nei confronti della cultura e del patrimonio artistico del Belpaese come si evince dai dati sul turismo che confermano come l’Italia sia la meta europea preferita dai viaggiatori cinesi con circa 1,4 milioni di presenze (dati 2015): “L’Italia può essere considerata una grande piattaforma di accoglienza sia nella logica degli investimenti che di bellezza, arte e cultura, investire in cultura deve essere una priorità”. Vivere in Italia è vivere una emozione per l’enorme patrimonio che possiede. E investire sempre di più in cultura è un modo per raccontare tutta l’Italia fuori dai suoi confini”. Il Forum culturale Italia-Cina, poi, nato a luglio dall’accordo a Pechino tra il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, e il suo omologo cinese, Luo Shugang, permetterà, di aumentare gli scambi e la cooperazione tra musei, teatri, fondazioni e grandi festival e di favorire scambi di esperienze e tecnologie nella tutela e nel restauro dei Beni Culturali e nella promozione dell’eco-produzioni cinematografiche. L’obiettivo è quello di rendere sempre più attrattivo il nostro Paese anche per quel che riguarda gli investimenti e la missione del presidente Mattarella effettivamente, ha portato a dei primi risultati concreti come la firma di ben tredici accordi bilaterali del valore complessivo di circa 5 miliardi di euro tra cui spiccano quelli di Fincantieri, Ansaldo Energia e Prysmian.
D’altra parte anche la presenza italiana in Cina è significativa non solo per merito delle nostre aziende più grandi ma anche per l’attivismo di tante nuove piccole realtà produttive che stanno trovando ampi spazi di opportunità sul mercato cinese. Oggi infatti si contano circa 2.000 imprese tricolori in Cina che generano 5 miliardi di euro di fatturato per 60mila posti di lavoro. La grande novità portata dal presidente Xi Jinping One Belt, One Road”, ovvero una cintura, una via è il grande asset che la Cina offre al mondo, con più di 100 miliardi di dollari all’anno, raggiungendo uno stock di 1.000/1.200 miliardi di investimenti fino al 2020. Nella sua più grande definizione, il progetto “OBOR” (One Belt, One Road) includerebbe 65 Paesi, oltre 4,4 miliardi di persone e circa il 40% del PIL mondiale. La costruzione della Nuova Via della seta si configurerebbe quindi come un’opportunità per tutte le parti coinvolte, un rapporto di mutuo beneficio nel quale i paesi partecipanti otterrebbero vantaggi concreti in termini economici, usufruendo di finanziamenti e crescendo grazie al miglioramento della propria rete di infrastrutture e nella competitività.
La volontà del presidente Xi Jinping sarà quella di migliorare la connettività regionale e la cooperazione nell’area eurasiatica, rendendo al contempo gli scambi economici con l’Europa più stabili ed efficienti tramite due direttrici: una marittima e una terrestre. L’Italia rappresenta la via naturale per l’ingresso in Europa attraverso il mediterraneo, ma non ha posto la giusta attenzione al programma di sviluppo dei Cinesi, il rischio che si corre è quello di cedere questo importante ruolo strategico a vantaggio della Grecia. L’interscambio tra Italia e Cina, nei primi dieci mesi del 2016 secondo i dati Eurostat, è stato pari a 38,3 miliardi di euro. Il deficit commerciale italiano si è ridotto del 9% rispetto al 2015, attestandosi a 16,2 mld di euro. Le nostre esportazioni per la prima volta hanno superato gli 11 mld di euro mentre le importazioni hanno raggiunto un valore pari a 27,2 mld di euro. Il Belpaese, quindi, dovrebbe cercare di trovare la chiave giusta per ridurre l’ampio deficit commerciale che nel 2015 si attestava a 17,7 miliardi di euro.
Per ricalibrare la partrnership bisognerà guardare in prospettiva la continua crescita dell’economia cinese, perchè benchè il tasso di crescita non raggiunga più la doppia cifra come nello scorso decennio, la Cina ha il secondo PIL al mondo e cresce annualmente in modo robusto. La vastità del mercato cinese è dovuta all’imponente urbanizzazione e la crescita del potere di acquisto della classe media sono alla base della costante crescita dei consumi interni. Per cogliere le opportunità offerte dal mercato cinese è necessario essere presenti in loco. Ciò ha il vantaggio anzitutto di cogliere le tendenze emergenti e le peculiarità della domanda cinese. L’aumento dei redditi, la crescente urbanizzazione e la nascita di nuove tendenze nella cultura e nella moda ispirate al modello occidentale determinano nel mercato cinese nuovi modelli di consumo. La maggior parte delle aziende straniere genera profitti più elevati in Cina che nel resto del mondo. Il settore sanitario, il settore alimentare, le tecnologie pulite e le infrastrutture per la mobilità, nonché il retail e la distribuzione rappresenteranno i segmenti che mostreranno i più elevati tassi di crescita.

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